L’altro giorno mi hanno fatto un complimento bellissimo, dicendo che sono bravo a fare i collegamenti. Ne sono rimasto molto lusingato, perché in effetti mi piace farlo, mettendo insieme pezzi diversi di idee e di vicende, come si fa con un puzzle. Un esempio. Sfogliando Sette, settimanale del Corriere, ho trovato una bella poesia di Eugenio Montale, il mio poeta preferito: Ho sparso di becchime il davanzale per il concerto di domani all'alba. Ho spento il lume e ho atteso il sonno. E sulla passerella già comincia la sfilata dei morti grandi e piccoli che ho conosciuto in vita. Arduo distinguere tra chi vorrei e non vorrei che fosse tornato tra noi. Là dove stanno sembrano inalterabili per un di più di sublimata corruzione. Abbiamo fatto del nostro meglio per peggiorare il mondo. Il collegamento immediato è stato con un articolo sullo stesso numero della rivista, scritto da Antonio Polito, che leggo sempre e che trovo vivere in una fase riflessiva della sua vita in cui mi riconosco molto, visto che abbiamo grossomodo la stessa età. Scrive: “Qualcuno ha detto che la nostra generazione, quella dei "baby-boomers", è stata la prima a disobbedire ai genitori e la prima a obbedire ai figli. Deve averlo detto uno di noi. Siamo infatti anche la prima generazione ad eccellere nell'autodenigrazione, in preda a un protagonismo così esasperato da farci credere responsabili di tutto, anche del male. È vero, ce l'avevamo con i nostri genitori, e abbiamo contestato la loro autorità. Ma eravamo anche consci della riconoscenza che dovevamo loro. Perché da bambini li avevamo visti arrancare, lavorare, correre, sacrificarsi. Avevamo visto se non la povertà quantomeno la sobrietà delle loro vite. E comprendevamo quanto doveva essere stato difficile portarci fin lì, all'università, alla prima automobile, al benessere del miracolo economico, prima ancora che noi facessimo alcunché per meritarcelo”. Già esiste ad un certo punto della vita un cambio di ruoli: diventi padre e poi invecchiando scopri qualcosa dei tuoi genitori che forse non avevi capito e che apprezzi spesso quando loro non ci sono più e non puoi più dirglielo. Scopri anche che molti aspetti che da ragazzo non sopportavi sono gli stessi che oggi hai, perché la genetica non è un’opinione. Ma quel che mi interessa è che Polito risponde al rischio di applicarci l’ultimo verso di Montale: “Credo che invece oggi nei confronti dei nostri figli (i quali, non a caso, non si ribellano nemmeno) siamo animati da uno sconfinato senso di colpa. Come se tutte le difficoltà della nuova generazione, peraltro la più ricca e la più sana di tutta la storia, fossero nostra responsabilità. Di ciò che abbiamo fatto e non fatto, dell'effetto serra e della disoccupazione, delle baby gang e della diffusione delle droghe. Ora sì, lo ammetto: abbiamo le nostre colpe. Soprattutto quella di aver sperperato la ricchezza nazionale, accumulata dai nostri padri, in mille rivoli di assistenza e di sprechi, convincendo così i figli che anche loro potessero continuare allo stesso modo che i soldi da qualche parte ci sono, basta mandare al governo qualcuno che li distribuisca. Ma non sono d'accordo con la retorica sulla "generazione perduta", cui noi padri cattivi avremmo ”rubato i sogni", lasciandoli alle prese con "l'eco-ansia"e il "bonus-psicologo". Sono d’accordo e sottoscrivo contro il vittimismo nostro e certo j’accuse delle nuove generazioni anche il resto: “Penso al contrario che siamo responsabili di aver messo tra loro e il senso del dovere, tra loro e la disponibilità al sacrificio, una distanza siderale, molto maggiore di quella che divideva noi dall'impegno e dai sacrifici dei nostri genitori. Il risultato è davanti agli occhi. I ragazzi di oggi - non tutti, le eccezioni ovviamente sono numerose e ammirevoli - ci chiedono fin da piccoli di abbassare l'asticella dello stress il più possibile. E noi, diligenti, lo facciamo. Come spiegarsi altrimenti la proliferazione dei licei e dei corsi di laurea, se non come il tentativo di adeguare la difficoltà degli studi alla scarsa voglia degli studenti, in modo che tutti possano superare l'ostacolo - o almeno credere di averlo fatto - e conseguire un titolo di nessun valore sul mercato del lavoro perché così deprezzato? Come spiegarsi la contestazione del merito come criterio di valutazione, e dei voti come strumento di misurazione? Come spiegarsi le rivolte dei genitori contro i compiti a casa, o contro il sabato a scuola, in nome del dio week end? I nostri figli non sono responsabili dell'epoca in cui sono nati, e dunque non sono tenuti all'idea di competizione che ha selezionato noi da giovani. Però sono ragazzi intelligenti. E dovrebbero ormai aver capito da soli che il Bengodi che gli avevano promesso era una balla, e che la vita è un’altra cosa”. Ci vuole per illuminare la vita “il girasole impazzito di luce” dello stesso Montale: ”Portami il girasole ch'io lo trapianti nel mio terreno bruciato dal salino, e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti del cielo l'ansietà del suo volto giallino”.