Per ora resta abbastanza indeterminato capire a fondo come i Social incideranno davvero sulle campagne elettorali e soprattutto quale scegliere fra le diverse tipologie di media digitali. La risorsa nel suo complesso è indispensabile e non a caso ci si sono buttati tutti, grandi e piccoli, ma quel che si è capito è che l’utilizzo dev’essere attentamente valutato e si può brillare nel loro impiego o tirarsi addosso dei boomerang in caso di errore. Leggevo su Professione reporter una serie di riflessioni interessanti di Giampiero Gramaglia sulle elezioni per eccellenza - di certo le più spendaccione in assoluto - che sono le Presidenziali americane, che ormai incalzano. Questo l’incipit: “TikTok e i social protagonisti della campagna per le Presidenziali Usa 2024. Joe Biden sta valutando se sbarcare su TikTok per cercare di raggiungere gli elettori più giovani, i più scettici sulla sua candidatura, dopo avere provato ad arrivarci tramite alcuni influencer. Nikky Haley, ora la rivale più temibile di Donald Trump per la nomination repubblicana, lo vuole mettere al bando. I democratici sono divisi. Molti repubblicani lo demonizzano per timori sulla sicurezza dei dati, poiché fa capo alla cinese ByteDance, mentre altri privilegiano la libertà di espressione a costo d’incoraggiare la disinformazione. Trump stesso preferisce il suo social, Truth, che però non va bene; e aspetta di sapere se i giudici di appello gli restituiranno libertà sui social, dopo essere stato colpito da un’ordinanza ristrettiva per i suoi sfoghi virulenti anti–magistrati e anti-testi”. Insomma: uno scenario interessante e, come si nota, siamo di fronte alla necessità ormai evidente di usare il più rapido fra i Social. Ma il “caso Berlusconi”, quando il Cavaliere ne provò l’uso cadendo nel grottesco, dimostra la necessità di essere cauti e lo stesso accadde - con altri Social - con la celebre “Bestia” che creò un effetto di sovraesposizione nociva per il leghista Salvini. Nel caso della polemica americana su Tim Tok pesa poi la memoria che sui Social mantiene di ciascuno degli utilizzatori di tutto quanto si è fatto in passato. Per questo ai figli si raccomanda di ricordarsi di questa circostanza, che potrebbe giocare brutti scherzi in futuro, ad esempio per un colloquio di lavoro. L’esempio di Gramaglia è interessante: “A compromettere ulteriormente l’immagine di TikTok negli Usa è stata la vicenda della lettera di Osama Bin Laden “all’America”: il testo del capo di al Qaida, ispiratore dell’attacco all’America dell’11 Settembre 2001, risale al 2002, ma è stato riportato d’attualità dalla guerra tra Israele e Hamas. Dopo averlo accolto, TikTok lo ha messo al bando, avendo stabilito che i contenuti vanno contro le sue regole: “Lo stiamo proattivamente e aggressivamente rimuovendo e stiamo accertando come sia arrivato sulla nostra piattaforma”, afferma il social, facendo notare che il problema riguarda pure altre piattaforme. La lunga lettera aperta, pubblicata oltre 20 anni dopo, denuncia “le bugie e l’immoralità” dell’Occidente e giustifica così gli attacchi terroristici ai civili e all’Unione, che tra New York e Washington fecero circa 3.000 vittime. Il documento è stato riproposto facendo perno sulle divisioni emerse negli Stati Uniti sulla guerra tra Israele e Hamas ed è stato spesso letto, dal pubblico inesperto, come un testo nuovo, nonostante Bin Laden sia stato ucciso da un commando di ‘teste di cuoio’ nel 2011”. Ciò dimostra anche il livello basso di molti frequentatori… Resta il fatto che attorno ai Social è facile che si diffonda l’onda degli abbandoni e conosco già molti che alla fine hanno abbandonato un Facebook con troppi litigiosi in rete o hanno lasciato Twitter quando è diventato X con certe sortite di Elon Musk che lo ha comprato e lo sta forgiando a modo suo. Ma c’è anche chi vorrebbe mettere al bando proprio Tik Tok. Osserva a questo proposito Gramaglia: “Alcuni deputati hanno rilanciato l’iniziativa di bandire la popolare app cinese, che è già vietata sulle apparecchiature mobili dell’Amministrazione federale e in alcuni Stati. TikTok sta “spingendo la propaganda pro terrorismo per influenzare gli americani”, scrive su X il democratico Josh Gottheimer. Le perplessità su TikTok sono diffuse anche in Europa e in Italia. “E’ il social più usato dalle mafie, perché lì il rampollo si fa vedere ricco, con l’orologio d’oro e la macchina di lusso. In qualche modo attrae gli ignoranti e i giovani in cerca di soldi”: lo dice il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, intervistato da Massimo Gramellini a ‘In altre parole’ su La 7. La Commissione europea va oltre: già diffidente verso TikTok, ai suoi funzionari dice di non usare neppure X, almeno secondo quanto scrive Politico.com che qualifica l’informazione di “scoop” “. Vedremo l’evoluzione e come la politica, senza restarne vittima, potrà adoperare senza farsi del male certo evidenti potenzialità.