Nel caos della politica italiana, che è ormai una costante, l’esistenza ancora viva di un mondo autonomista valdostano resta un elemento peculiare e prezioso.
È quasi un miracolo questa resilienza (termine alla moda che ci sta in questo caso), pensando ai rischi crescenti di un’omologazione di dimensioni globali e all’incidenza di una politica nazionale che ha una forte grancassa e tende a mettere la sordina ad ogni particolarismo.
Il senso identitario rischia così di essere sommerso e travolto da modellistiche che si impongono. Eppure si resiste e il processo di aggregazione in corso sull’Union Valdôtaine può essere un segno forte e potrebbe implicare una reazione che deve convincere militanti storici, trovarne di nuovi, incidere sui giovani, riportare al voto gli astensionisti. Non è un compito facile ottenere fiducia e meritarla davvero. Va sempre benissimo ricordare le radici e i padri fondatori, le grandi personalità vissute nel tempo, i tempi d’oro e quelli cupi, ma bisogna sempre essere all’altezza non solo della propria storia ma della contemporaneità, che significa vivere e affrontare
i cambiamenti di oggi e, per quanto possibile, di domani. Quando si guarda in giro in Italia, si assiste oggi ad una crisi del partito autonomista più vecchio sulla scena e cioè il Partito Sardo d’Azione, nato nel 1921 e che avuto fra i fondatori quel Emilio Lussu, che fu relatore alla Costituente del nostro Statuto di autonomia. Per anni abbiamo collaborato con loro, che sono negli ultimi anni stati attratti dalla Lega, snaturando le proprie caratteristiche più profonde e questo li ha ridotti ad un misero risultato elettorale alle ultime regionali.
Crisi strutturale che sta colpendo la Südtiroler Volkspartei, partito amico dal 1945, che sta subendo scissioni che minano la caratteristica di partito di raccolta della minoranza tedesca e governa con una maggioranza risicata la Provincia di Bozen. Noi ci siamo passati ed è un processo doloroso.
Anche il Partito Autonomista Trentino Tirolese mi ha subito analoghe “fughe” e la Lega ha occupato spazi prima occupato da questo partito amico dei valdostani.
Vive poi quello Slovenska Skupnost, espressione della cara minoranza slovena di Trieste e Gorizia con cui ho combattuto battaglie politiche importanti.
Esiste poi un mondo autonomista europeo: catalani, baschi, corsi, bretoni, scozzesi, gallesi e molti altri come punto di riferimento di minoranze linguistiche e nazionali. Sono movimenti rappresentativi di un’”altra” Europa dei piccoli popoli, riferimento che mai bisogna dimenticare. Solo assieme si può lavorare per una valorizzazione delle minoranze in coerenza con i Trattati europei, che citano bene la materia, anche se purtroppo Commissione e Consiglio hanno dimostrato una sordità rispetto ad istanze legittime come la famosa indipendenza della Catalogna. Federalismo e sussidiarietà vengono evocati come una sorta di foglia di fico e no. Come espressioni naturali di una diversa integrazione europea.
Ma per farlo bisogna esserci e questo in Valle d’Aosta passa di certo attraverso le forze autonomiste, sapendo che “tutti autonomisti, nessun autonomista”.Bisogna perciò diffidare delle imitazioni e soprattutto di certe forze nazionali che sposano l’autonomismo per semplice convenienza e si occupano del regionalismo solo come test elettorale e nella realtà accrescono il gradiente di centralismo statale.
Ecco perché ci vuole un baluardo, che sia un cantiere sempre aperto di idee e progetti e di rapporti politici contro il rischio di essere chiusi in sé stessi.