Ci sono espressioni sintetiche, tramandate nel tempo, che assumono caratteri nuovi, a secondo delle epoche e anche delle nostre sensibilità personali.
Molte vengono dal latino, che oggi viene abbastanza schifato nelle scelte degli studi, spesso con la banale scusa della sua inutilità o perché ”difficile”. A sua difesa andrebbe ricordato quanto sia presente nelle lingue e non solo quelle definite neolatine e di come molto della cultura di oggi lineluttabilmente si costruisca sul passato.
Ha scritto a proposito Nicola Gardini, scrittore e latinista: ”Il latino (intendo la grande letteratura scritta in questa lingua) è una scienza immensa, che ha per oggetto principale la mente e le capacità espressive dell’essere umano. Nel latino si è formato il sistema intellettuale ed emozionale del mondo in cui ci troviamo. Il latino è il codice genetico dell’Occidente”.
Penso, come esempio eminente, ad una definizione, che spesso mi è capitato di adoperare non per esibire chissà quale “latinorum”, ma per sensazione mie in certe situazioni. Il termine “genius loci” nella religione romana (ma qualcosa di analogo c’era nell’antica Grecia) era uno Spirito (Genio del luogo) che nell’immaginario abitava uno specifico territorio per proteggerlo e rappresentarlo in una logica mistica di armonia ed equilibrio, influenzando chi abitava e chi frequentava quei luoghi e anche quanto poteva avvenire in quei posti.
Oggi capita spesso di sentirne l’uso in architettura e urbanistica, quando nel progettare i professionisti del settore si rifanno all’idea che un luogo abbia una personalità unica e distintiva, che sia frutto del contesto naturale, della storia, del vissuto, della cultura che hanno inciso natura e costruzioni. Ma c’è dell’altro: mi riferisco all’atmosfera o al carattere distintivo di un luogo che può ispirare e influenzare scrittori, poeti, pittori e altri artisti. Oppure ai filosofi e pensatori che attribuiscono significati più profondi al concetto di “genius loci”, rifacendosi all’energia, alle “presenze” che risiedono in un luogo specifico.
Per carità non mi voglio infilare in discorsi esoterici o alla presenza del divino, che è l’origine di fatto dell’espressione, ma voglio dire quanto mi sia capitato spesso di aver avuto questa sensazione di essere immerso in qualcosa nei viaggi che ho fatto e nei luoghi che ho di conseguenza visitato. Ritengo che questo complesso Genius loci ci sia davvero e può essere evocato meglio se ci si prepara con letture specifiche o può essere una guida turistica capace a farci capire quei tratti evocativi, quando in grado di trasmetterli.
Ma esiste anche qualcosa di impalpabile, come avviene - e a me è capitato - con la sensazione del déjà-vu, che è un fenomeno psichico presente in circa l'80% della popolazione e che consiste nella sensazione di aver già visto un'immagine o vissuto un avvenimento o una situazione o ancora di avere già frequentato un luogo, anche quando non ci si è mai stati. Ha osservato lo scrittore Antonio Tabucchi: ”Un luogo non è mai solo quel luogo. Quel luogo siamo un pò noi. In qualche modo, senza saperlo ce lo portavamo dentro…e un giorno per caso ci siamo arrivati”.
Ma torniamo al punto e alla sensazione dei luoghi. Ha scritto il filosofo e saggista Elémire Zolla: ”Si parla del fascino come di una brezza, un’aura spirante dalle persone o dai luoghi, che a volte cresce, diventa turbine, nembo, nu
be abbagliante, riverbero dorato, ingolfa e stordisce“. Gli fa eco lo James Hillman, lo psicoanalista, nel solco di certe intuizioni di Carl Gustav Jung:“I luoghi hanno un’anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana”.