Ero stato a Napoli e dintorni quattro volte, ma non aveva mai visto dal vivo molti posti topici da visitare. Anche se, premetto, avevo letto molto sulla città e per un periodo mi ero incuriosito delle storiche eruzioni del Vesuvio e dei Campi Flegrei, che hanno segnato i luoghi e forse sono anche all’origine del fatalismo partenopeo.
Proprio poco tempo fa, come Governo regionale della Valle d’Aosta, abbiamo con i miei colleghi approvato una delibera sull’ospitalità delle popolazioni campane in caso di emissioni violente che costringessero gli abitanti a lasciare i loro paesi. In Valle arriverebbero parte dei residenti nel Vomero, quartiere collinare di Napoli.
Ma dicevo delle mie visite passate. La prima volta - beata gioventù! - era stato in occasione di un giro d’Italia con amici in sella alle rispettive Vespe Primavera ed era stato un mordi e fuggi con scarsi interessi culturali. L’ attraversamento di Napoli ci era persa una discreta avventura da non ripetere. Da grandicello avevo i postumi di un intervento al legamento crociato del ginocchio ed ero stata a fare fisioterapia con l’acqua termale ad Ischia, dov’ero poi stato per una fuga d’amore da scapolo. Infine: ero stato come ospite in un stupidissima trasmissione televisiva in diretta dal Centro di Produzione di Napoli in tempi sprint.
Questa volta, con un vero e proprio tour, ha visitato Napoli nei suoi diversissimi aspetti. Sono poi stato con visite di ordinanza a Capri. Pompei e Paestum. In fila mi sono fatto Sorrento, Positano, Amalfi e anche Salerno. Poteva un sabaudo rinunciare alla visita della Reggia di Caserta e divertirsi di certa ingenua nostalgia dei Borboni? Bene! Ora qualche pensiero in libertà. Il più banale, pensando all’iniziativa controversa del pedaggio per entrare a Venezia, riguarda il rischio, che ho ben vista, di una pazza folla che ingorga tutto.
Quando si parla di “overtourism” ci si riferisce ai problemi legati agli stravolgimenti ambientali, sociali ed economici causati dal sovravvollamento turistico: quei flussi eccessivi di visitatori che causano impatti negativi nelle comunità interessate. Si tratta di un fenomeno globale – trainato dalla diffusione incontrollata di piattaforme come Airbnb, dall’assenza di politiche per un turismo responsabile e da logiche amministrative e imprenditoriali spesso speculative – che anche in Italia ha da tempo un suo impatto che è sotto gli occhi di tutti.
L’ho visto nelle viuzze del centro di Napoli e durante le visite alle zone archeologiche e nelle altre cittadine costiere con punte parossistiche che fanno impressione e rendono difficile godersi i luoghi.
In un recente libro “L'altro e l'altrove: Antropologia, geografia e turismo (Piccola biblioteca Einaudi) Marco Aime e Davide Papotti osservano: ”Una delle modalità piú facili per riconoscere se un luogo è turistico, in fin dei conti, risiede proprio nella verifica di un semplice dato: se esso è popolato di altri turisti. Vale, in questa prospettiva, quella che si potrebbe definire la «legge del ristorante», cioè l’istinto che si applica alla scelta di un luogo in cui consumare un pasto. Se, poniamo, ai due lati di una strada vi sono due ristoranti, uno pieno di clienti e l’altro vuoto, la reazione della maggioranza delle persone sarà quella di dirigersi verso il ristorante pieno, confidando nel fatto che il successo facilmente riscontrabile de facto della sua capacità di attrazione sia sinonimo, o perlomeno indizio, di buona qualità. Simile processo avviene nel successo di una località turistica: se è frequentata e piena di turisti, essa in un certo senso «deve» possedere qualità attrattive. Una delle regole chiave del turismo di massa si fonda proprio sulla legge del «piove sul bagnato»: i flussi tendono ad andare dove le presenze turistiche sono visibili e consolidate”.
Le conseguenze sono la difficoltà di viversi la vacanza per i turisti e per i residenti di godere con serenità la loro vita quotidiana.
Qualche altra annotazione. In generale ho trovato prezzi molto elevati, giustificabili nei locali ad elevata qualità, mentre risultano insopportabili per strutture mediocri che mirano a spennare il turista nella logica - scusate il sarcasmo - della frase leggendaria “vedi Napoli poi muori”. Goethe nella lettera del 2 marzo 1787, della sua opera Viaggio in Italia disse: “Della posizione della città e delle sue meraviglie tanto spesso descritte e decantate, non farò motto. “Vedi Napoli e poi muori!” dicono qui”. Aggiunse lo scrittore tedesco in altro passaggio, affascinato dalla “napolitudine”: “Anche a me qui sembra di essere un altro. Dunque le cose sono due: o ero pazzo prima di giungere qui, oppure lo sono adesso”.
Qualche segni di bizzarria lo si vede in città: come il culto davvero pagano di San Gennaro e il suo sangue e dell’altro Santo per scelta popolare: Diego Armando Maradona. Infine una chicca: la Napoli sotterranea da non perdere con il sistema acquedottistico del passato, che mostra più di altro la stratificazione di una storia piena di glorie e di cultura, cui non sembra corrispondere il presente.