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01 giu 2024

Quei giovani e l’Europa

di Luciano Caveri

C’è una frase dell'ex governatore di New York Mario Cuomo, che dice che in una democrazia funzionale “si fa campagna elettorale in poesia, ma si governa in prosa”.

Per questo le campagne elettorali vanno prese con le pinze e bisogna diffidare, anche in vista delle elezioni europee, di chi neppure adopera la poesia, che pure ci starebbe, ma sceglie direttamente le stupidaggini per fare clamore. Diceva Pier Paolo Pasolini: ”Sei così stupido che quando la tua stupidità ti avrà ucciso e sarai all’inferno, crederai di essere in paradiso”.

Così da europeista critico delle molte storture da raddrizzare dell’Unione europea non sopporto certo antieuropeismo d’accatto di chi ripete slogan che nascondono in realtà il vuoto pneumatico di conoscenza, se non - lo si vede dai filorussi - una complicità di chi non vuole un’Europa forte ben schierata con l’Occidente.

Eppure c’è chi blatera in libertà nei comizi, in televisione, sui giornali. Lo strumento che sta diventando sempre più grottesco è il comunicato stampa: da un angolo buio c’è chi accende un faro, in genere con logiche bellicose che fanno più notizia di quelle costruttive, che lo illumina per un attimo solo per apparire.

Questa storia dell’Europa unita è vicenda complessa e trasformarla in banalità è un torto all’intelligenza. Così com’è violenza piegare i ragionamenti sull’integrazione europea in politica interna e vedere le prossime elezioni come uno strumento non per capire cosa avverrà a Bruxelles nelle istituzioni comunitarie, ma per sapere cosa avverrà a Roma o per contarsi ad Aosta.

Ho visto in queste ore uno spettacolo-incontro fra giovani valdostani e savoiardi nel quadro di un progetto europeo che già dal titolo sembra una ventata di aria pulita “Respiration Jeunesse”. Nella freschezza, l’entusiasmo e nella goffaggine degli adolescenti si vede, in occasioni come queste, quel passaggio graduale alla vita adulta che dovremmo avere ben in mente per esperienza di ciascuno di noi o almeno di chi ne ha avuto la consapevolezza.

Di quando ti trovi di fronte alla maturazione delle tue convinzioni e sei obbligato ad affrontare le tue paure e a costruire le tue speranze. È di fronte a questo cammino che bisogna porre loro il chiaro e lo s

curo della cittadinanza europea con cui sono nati. E bisogna farlo senza intenti truffaldini per farseli amici, dipingendo l’Unione europea come il bene assoluto e la perfezione. Si tratta invece di una costruzione difficile, fatta di passi avanti e passi indietro, di dispute inutili e amicizie arricchenti, di burocrazia ma anche di idee. In sostanza: un elemento importante per qualunque giovane

e e qualunque sarà la scelta che farà per il suo avvenire. Nel caso dei ragazzi il loro percorso ha riguardato, nel quadro della cooperazione transfrontaliera, la scoperta del mondo della montagna cui appartengono in un’area del Monte Bianco piena di storia comune e di affinità culturali. Un orizzonte di cui essere consapevoli, sentendosi assieme - se lo si vuole - legati alle proprie radici e cittadini del mondo. Prospettiva che ho visto nella crescita di molti ragazzi che stanno diventando grandi fuori dalla Valle d’Aosta per scelta in professioni piene di prospettive e con uno sguardo originale sul futuro della Valle d’Aosta che li ha visti nascere.

Questo spesso avviene in grandi città europee ed è consentito dal quadro comunitario che avvolge tutti noi, compresi coloro che combattono l’Europa.

Mi è capitato di ricordare ai giovani - straordinari anche nel loro look - che nulla è mai acquisito nel vivere assieme nel Vecchio Continente e che non molto tempo fa, nel 1940, la Valle d’Aosta diventò un fronte di guerra fra Italia e Francia. E oggi ai confini dell’Europa in Ucraina c’è una guerra che uccide e distrugge e in gioco c’è molto del nostro futuro, perché riguarda gli equilibri geopolitici che non sono questioni astratte, ma che incidono sulle generazioni che dovranno assumersi le loro responsabilità nel passaggio di testimone.