Il silenzio elettorale, come sua sorella par condicio, sono una barzelletta, specie con l’uso dei social e il protagonismo dei leader nazionali che usano il paravento dei doveri istituzionali per una propaganda elettorale a piene mani e a tratti oscena anche nelle ultimissime ore prima del voto e pure così sarà ad urne aperte. Io, che resto ligio ai doveri come ovvio contraltare dei diritti, gioco pulito.
Per cui oggi mi occupo di una notizia astrusa e premetto che è molto meno distante di quanto sembri, guardando vicino a noi un progetto, denominato “Open Sound”, del Comune di Aosta finanziato con fondi del Ministero delle Imprese e del made in Italy. È prevista una sorta di banca di suoni e direi di note degli strumenti di tradizione della musica valdostana. Ma non divago.
In questo caso siamo di fronte a qualcosa di ancora più estremo e che racconta Michal Wieczorek di Bandcamp Daily, tradotto su Internazionale.
Si parte da una frase: ”I coni di ghiaccio suonano quasi come uno xilofono”, dice il batterista sperimentale svizzero Julian Sartorius. “Appena prima di rompersi, cambiano tono”. Sartorius ha appena pubblicato il secondo capitolo della sua serie Hidden tracks, composta esclusivamente da suoni che Sartorius registra durante delle escursioni in montagna”. Non molto distante da noi la più recente performance nella zona della valle di Sass-Fee, una delle località più frequentate del Vallese: ”L’ultima è stata registrata mentre viaggiava dalla città italiana di Domodossola alla vetta alpina del Weissmies, in Svizzera. L’idea di usare l’ambiente come strumento è venuta gradualmente a Sartorius. Dopo aver lavorato con diversi materiali – metallo, plastica, legno – ha pensato di registrare i beat all’aria aperta. “Ho pensato che avrei dovuto semplicemente uscire con le bacchette e un registratore”, ricorda. È stata l’occasione per unire due delle sue più grandi passioni: la musica e l’escursionismo. “Sono stato ispirato da artisti animati da un profondo legame con la natura, come Hamish Fulton”, spiega Sartorius. Le sue prime registrazioni sono state realizzate durante un’escursione di 220 chilometri da Basilea a Ginevra. Ci sono voluti dieci giorni. Ha registrato molti suoni diversi picchiettando con le bacchette su segnali stradali, edifici, rocce, perfino su muschio, ruscelli e funghi. Ha già registrato una terza escursione nella foresta pluviale boliviana. “Non voglio limitarmi all’ambiente alpino”, dice. Non è una sorpresa. Se c’è una cosa vera di Sartorius, è che non gli piacciono i limiti”.
Viviamo in un mondo fatto di suoni.
In linea con questo musicista è il critico e regista Nichel Chion: ”Perché dire «un suono», quando si può dire «un crepitio», «uno sgocciolio» o «un tremolio»? Utilizzare questi termini più rigorosi e specifici consente di confrontare le percezioni le une con le altre, e di progredire nella loro definizione e nella loro collocazione. Il solo fatto di dover cercare nella lingua ciò cdi cui già si dispone crea un atteggiamento mentale che spinge a interessarsi più da vicino ai suoni”. Ce ne possono essere di strani. ”Senti la neve contro i vetri della finestra, micino? Ha un suono così bello e delicato! Proprio come se qualcuno di fuori coprisse di baci tutta la finestra! Forse la neve ama gli alberi e i campi, se li bacia con tanta gentilezza!”. Così scrive Lewis Carroll in Alice nel Paese delle Meraviglie.
Il grande Wolfgang Amadeus Mozart diceva: “Non so scrivere in modo poetico: non sono un poeta. Non so distribuire le frasi con tanta arte da far loro gettare ombra e luce: non sono un pittore. Non so neppure esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono un ballerino. Ma posso farlo con i suoni: sono un musicista “.
Suoni, musica, rumori…