Molti anni fa - ero nell’albergo di Leo Garin ad Entrèves di Courmayeur - vidi in un tavolo della sala da pranzo un signore molto distinto, stile vecchio Piemont. Fu lo stesso Leo a dirmi che si trattava di un suo cliente habitué, Michele Ferrero. Mi feci presentare, ma non lo disturbai ulteriormente. Mi raccontarono in seguito - non so sia vero - che arrivava da Alba ad Aosta in elicottero e proseguiva in auto per il suo soggiorno abitudinario in montagna.
Proprio ad Alba, dove sono stato in diverse occasioni, mi raccontarono cosa fosse il ”Welfare Ferrero” e cioè un sistema aziendale di grande rispetto per i lavoratori, che si irradia nella società cittadina in una logica filantropica. Anche se la "cassaforte” della società, strettamente familiare, è in Lussemburgo ed è nella mani di uno dei figli, Giovanni Ferrero, che vive invece a Bruxelles ed è considerato l’uomo più ricco d’Italia. È lui che ha in mano l’azienda, colpita a suo tempo dalla morte in un incidente in bicicletta del fratello Pietro.
La storia racconta come si è arrivati all’attuale Nutella. Nel 1925 Pietro Ferrero, bisnonno della attuale genia, mise a punto il cosiddetto “pastone”, una sorta di antesignano della Nutella. Si trattava di una pasta al cioccolato e nocciole. Ma non era ancora la ricetta perfetta perché il prodotto si presentava troppo duro, quindi difficile da spalmare. Nel 1946 Pietro riuscì a creare una pasta molto più morbida, che si poteva tagliare a fette, con un forte gusto di cioccolato e, soprattutto, dal costo accessibile per tutti. La aveva chiamatq da buon piemontese Giandujot, tratto dalla maschera tipica piemontese, Gianduja, che si sovrappone anche ai prelibati cioccolatini. Più che una crema era una specie di marmellata solida in pani avvolti nella stagnola che si vendeva a peso e si tagliava a fette per imbottire i panini.
Ma ecco che spunta il Ferrero che ho conosciuto. Nel 1951 fu lui con ingegno che inventò la Supercrema, sostituendo il burro di cacao usato nel Giandujot con una miscela di oli vegetali capaci di rendere la pasta di cioccolato una crema spalmabile: il segreto di questa miscela è - almeno così si dice - ancora oggi un vero mistero.
Mancava un nome commerciale. Alla fine Michele Ferrero decise per Nutella, formato da due parti: la prima, nut, vuol dire noce, in inglese, la seconda “ella” è un suffisso femminile che sembrava esprimere sentimenti positivi come tenerezza, affetto, dolcezza.
Mancava un tassello: tutti i gelatai adoperavano un gusto ”Nutella”, ma ora - novità di questi giorni - la Ferrero si è fatta il proprio gelato sovrapposto alla Nutella classica.
Concludo con un aneddoto che ho già raccontato. Conosco la "Ferrero" perché quando ero parlamentare europeo si rivolsero anche a me per contrastare l'azione di un concorrente inglese che aveva mobilitato i deputati europei inglesi per far vietare le celebri sorprese nell'ovetto "Kinder". L'operazione, svolta nella "Commissione Petizioni", si basava su dati fasulli, che riguardavano i rischi di soffocamento dei bimbi per ingestione di piccoli oggettini di plastica in regalo dentro gli ovetti Quando mi spiegarono che cosa volesse dire l'ovetto di cioccolato in termini di fatturato per l'azienda di Alba, compresi le ragioni dei concorrenti e le ragioni ancora migliori della "Ferrero" per evitare brutti scherzi. L'esito fu positivo e in seguito Ferrero si comprò il concorrente litigioso!