Chi nega il cambiamento climatico lo fa talvolta in maniera furbesca su uno sfondo in certi casi di un’inutile sicumera. Tipo: il clima sulla Terra è sempre cambiato e dunque perché preoccuparsi?
Mi è capitato in passato di fare delle escursioni nelle mie zone alpine con dei geologi bravi divulgatori e confesso la mia ignoranza mista a stupore per la descrizione di rocce che a me non dicevano nulla ed invece sono testimonianza dei rivolgimenti del passato più remoto che hanno forgiato i posti dove abito. Possibilità che qualunque habitat del nostro pianeta consente e ci stupisce.
Per cui è giustissimo dire che anche nel luogo da dove scrivo ora, che mi appare cosi statico, in realtà ha attraversato ere vere e proprie con trasformazioni clamorose che una macchina del tempo mi mostrerebbe se potessi viaggiare nelle diverse epoche senza lasciarci le piume. Per cui è indubitabile che anche quando l’essere umano è apparso sulla Terra almeno 4,5 milioni di anni fa e per un tempo lunghissimo agiva in maniera del tutto nulla su quanto avveniva nel complesso della Natura.
Hic et nunc, sulla base di una sua presenza sempre più forte cresciuta nelle millenni più recenti, il Clima - che certo ha dinamiche sue - ha subito cambiamenti che sono conseguenza - come l’aumento delle temperature - che vedono un ruolo capitale delle attività umane.
Per curiosità intellettuale ho letto anche le tesi di chi confuta questa verità e non mi hanno convinto affatto, per cui mi sento legittimato con scienza e coscienza a dire che chi, anche nella piccola Valle d’Aosta, si esibisce con tesi negazioniste più o meno forti andrebbe isolato, pur con tutte le comprensioni psicologiche di certi suoi accanimenti.
Diverso è un atteggiamento di cautela rispetto al rischio di eccessiva drammatizzazione, che crea situazioni di psicosi o al contrario innesca una logica di cupa rassegnazione.
Ha scritto Focus sul fenomeno con un particolare punto di vista: “Una delle possibili spiegazioni nel tempo avanzate sulla diffusione del negazionismo climatico è che le convinzioni antiscientifiche su cui si basa altro non siano che una forma di autoinganno, come se fosse più facile convivere con le proprie mancanze nei confronti del Pianeta se ci si persuade che i cambiamenti climatici non dipendono dall'uomo. Questo processo di pensiero viene chiamato dagli scienziati "ragionamento motivato" ed è un meccanismo che fa sì che la realtà venga interpretata in base alle convinzioni preesistenti, escludendo i fatti che ci smentirebbero, così da giustificare un dato comportamento”.f
Stella Levantesi su Internazionale ha scritto: ”In Italia invece il negazionismo climatico è diffuso anche su piattaforme, canali e trasmissioni che vengono considerati in qualche modo autorevoli, e non solo da testate politicamente schierate a destra come succede nello scenario mediatico anglosassone. Il risultato è che il pubblico riceve messaggi contraddittori che alimentano la prospettiva negazionista che, a sua volta, fa leva sugli stessi elementi ormai da decenni: instillare il dubbio sulla scienza del clima, creare confusione il più possibile e fare propaganda politica”.
Ma c’è anche chi fa certa propaganda perché “ispirato”. In un articolo su Scienzainrete Jacopo Mengarelli riporta un passaggio dalla guida Crisi climatica e come comunicarla a cura di Climate Media Center Italia: ”Il negazionismo del cambiamento climatico è un fenomeno organizzato e alimentato dagli interessi dell’industria dei combustibili fossili e da settori politici che spesso fanno leva su inerzie e bias personali (ideologici, religiosi o politici) difficilmente scardinabili, i cui obiettivi sono quelli di demolire la scienza e di minare il sostegno all’azione climatica. Per fare questo si sono serviti spesso, e ancora si servono, proprio dei media stessi”.
Sono strane storie che si incrociano ed è bene studiare a fondo certi fenomeni, che impattano sull’opinione pubblica meno attenta.