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27 set 2024

Fra ricordi e norme strampalate

di Luciano Caveri

C’è stato un periodo della mia vita, che è durato molti anni attraverso quattro Legislature, in cui – pur essendo l’unico deputato valdostano in una Camera dei Deputati che allora era di 630 membri – ero in grado, essendomi organizzato, di seguire in modo abbastanza completo la diversa legislazione nel suo iter, approfittando anche dei tempi lunghi del bicameralismo perfetto.

Si trattava molto semplicemente di evitare norme negative e di promuoverne di positive attraverso gli appositi emendamenti e non solo per la Valle d’Aosta. A questo serve in gran parte il lavoro parlamentare, che sfocia in aula ma si prepara nelle Commissioni e nei contatti politici nel famoso Transatlantico.

Vero è che già al tempo c’erano rischi che derivavano dall’uso eccessivo dei decreti legge, poi in parte limitato nella loro reiterazione fotocopia, così come dagli articoli della Finanziaria, diventata sempre più una specie di treno merci con troppi vagoni, in cui infilare – come si sta facendo di nuovo, dopo qualche parentesi felice – la qualunque.

Quanto purtroppo sta riemergendo con prepotenza negli stessi decreti legge in fase di conversione, che diventano dei provvedimenti omnibus con distribuzione di pani e dei pesci in materie estranee alla proposta originaria. Se già esisteva il malvezzo della tagliola dei voti di fiducia, oggi siamo al top del loro utilizzo con una Parlamento ormai ridotto ad un ruolo misuro. Il meccanismo è fantastico: si discute in una delle due Camere, ad un certo punto si pone la fiducia e nell’altra Camera si blinda il testo e si rivota con la fiducia. Il parlamentarismo è ridotto a zero con stravolgimento della Costituzione, ma nelle piazze si protesta per cose ben meno importanti…

Essere vigili ma soprattutto attivi passava attraverso la scelta di presidiare fisicamente le Commissioni, girando come una trottola e soprattutto esserci sempre nella I Commissione Affari Costituzionali, dove passa tutto, oppure con presenze nell’altra Commissione chiave, quella del Bilancio, dove stavo nottate intere in tempo di manovra finanziaria. Lì si cementano amicizie che risultano poi utili, al di là della freddezza degli schieramenti politici.

Non sempre si riusciva a portare a casa quanto si desiderava, ma se guardo importanti provvedimenti di quegli anni alcune zampate di mia produzione le vedo, così come le sole riforme statutarie rispetto al testo dello Statuto valdostano del 1948. Ogni tanto – ci pensavo in questi giorni in cui si discute del tema della cittadinanza - certe mie battaglie più generali e non solo valdostaneggianti le ho perse e penso al ruolo avuto da un vecchio fascista galantuomo con cui ho avuto discussioni.

Si tratta di Mirko Tremaglia dell’allora Movimento Sociale Italiano, da anni attivo come deputato (dal 1972 al 2001 ininterrottamente!) nella rivendicazione dei legami con gli emigranti italiani e fu persino Ministro all’inizio degli anni Duemila con il Governo Berlusconi del bizzarro “Ministero per gli italiani nel mondo”. La sua era una vocazione seria e da rispettare, spesso a contatto con nostalgici come lui e ricordo come si accalorava quando eccepivo su quanto dirò tra poco. Fu lui a cavalcare un primo provvedimento dell’inizio degli anni Novanta che oggi lascia basiti, specie sulla base dell’esperienza avuta, quando ai figli, nipoti e pronipoti degli emigranti venne dato il diritto di recuperare con scorciatoie la cittadinanza italiana, purché avessero qualche goccia di sangue italiano nelle vene, anche se non erano neppure mai stati in Italia. In grandissima parte gli aventi diritto non sapevano quasi nulla se non vaghi ricordi familiari, e non parlavano neppure l’italiano. Una macchina che funziona a pieno ritmo da moltissimi anni e che solo ora si è capito che dev’essere in qualche modo arginata, specie se comparata con cittadini stranieri che vivono, lavorano, fanno figli qui da noi e devono affrontare le pene dell’inferno, dopo dieci anni di residenza, per avere l’agognata cittadinanza.

Lo stesso Tremaglia propose ed ottenne nel 2001 il diritto di voto degli italiani all’estero con la possibilità in seggi remoti nei diversi Paesi del Pianeta per eleggere propri parlamentari qui in Italia.Nella circoscrizione Estero istituita per l’elezione delle Camere sono eletti dodici parlamentari, otto deputati e quattro senatori.Una scelta che ha pochi paralleli a livello internazionale, e che consente a deputati e senatori eletti in Australia o in Brasile di imporre eventualmente tasse, restrizioni delle libertà civili a chi risiede qui e di occuparsi di questioni sulle quali la loro conoscenza è quasi sempre nulla! Andate a scorrere le biografie degli eletti e sarete stupefatti di alcuni personalità finite nel Parlamento italiano.

Tremaglia fu abilissimo a cavalcare la tigre e chi segnalava la stranezza delle scelte diventava una sorta di traditore della Patria.