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01 nov 2024

Spie e spiati

di Luciano Caveri

Chi si stupisce dell’inchiesta milanese sul dossieraggio riguardante una miriade di informazione su personalità di vario genere forse non sa che è una vecchia storia, resa ancora più eclatante rispetto a nuove tecnologie che risultano sempre più invasive della privacy e dei dati personali di ciascuno di noi.

Se qualcosa si è accentuato forse è la commistione pubblico-privato, che già esisteva in passato, ma oggi appare ancora più accentuata sul privato e vieppiù pericolosa, come si legge dalle cronache di queste ore. Anche se bisogna sempre essere cauti come mostrano alcune visioni differenziate fra le accuse forti dei PM e le prime valutazioni più prudenti del GIP. Si vedrà poi, se ci si arriverà, alla fase processuale.

Certo notevoli inquietudini attraversano vicende di questo genere. Mi veniva in mente quanto accadde alla fine del 1994, quando cadde – per mano della Lega – il Governo Berlusconi e mi trovai proprio il giorno in cui avvenne nell’ufficio del Viminale del Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, contrarissimo alla scelta fatta da Umberto Bossi. Mi ricevette comunque con grande cortesia e rimasi fulminato, durante l’incontro, dalla scoperta che lui mi rivelò che fra alcuni dossier del SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), di cui si parlava in quelle ore, ci fosse anche un fascicolo a me dedicato, di cui mi diede solo alcuni elementi che dimostravano che ero sotto controllo. Scherzammo su questa attività spionistica per gli evidenti e irrilevanti elementi (tipo la frequentazione di un ristorante gestito da tossicodipendenti!).

Poco tempo dopo, mentre avanzava l’inchiesta su questa attività dei servizi segreti ed era subentrato un nuovo Governo, presentai questa ulteriore interrogazione scritta, cui non ricevetti risposta: “Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che: i magistrati romani che si occupano dell'inchiesta sui fondi neri dei servizi segreti hanno chiesto il rinvio a giudizio per concorso in peculato continuato dell'investigatore privato Tommaso Palombo di Aosta, titolare nella regione di una agenzia di investigazione; il Palombo avrebbe ricevuto due assegni per un totale di centoquarantacinquemilioni da parte dell'ex direttore del SISDE Riccardo Malpica; questa cifra sarebbe stata erogata in cambio di una attivita'informativa in Valle d'Aosta -: per quale ragione si sia creato un rapporto di collaborazione tra il SISDE e l'investigatore Palombo; se risultino nei fascicoli SISDE investigazioni riguardanti esponenti politici e partiti politici della Valle d'Aosta, quali siano i contenuti e se si sia agito nel rispetto delle norme vigenti”.

Non ho mai incontrato o conosciuto questa persona, ma leggendo sul Web vedo che continua ad occuparsi di questioni di Intelligence e cito quanto scrissi allora in una semplice logica di ricordo storico senza alcun intento offensivo, non avendo per altro più seguito quell’inchiesta e i suoi suoi eventuali esiti.

Nel 1995, in una nuova Legislatura, tornai sul punto con una nuova iniziativa ispettiva: “Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che: nell'autunno dello scorso anno, a margine delle polemiche riguardanti le presunte "deviazioni" del Sisde, il Ministro dell'interno Roberto Maroni, annunciò di aver rinvenuto sessantasei fascicoli del servizio segreto riguardanti uomini politici e partiti; lo stesso Ministro annunciò la decisione di rendere pubblici i contenuti dei dossier e per questo, l'interrogante presentò apposita interrogazione parlamentare ( 4-01439 del 16 giugno 1994) nella quale si chiedeva, tra l'altro, di conoscere i contenuti dei fascicoli SISDE riguardanti esponenti politici e partiti politici della Valle d'Aosta; da allora non pervenne mai risposta all'interrogazione parlamentare ed ora, nel corso di una audizione presso il comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti, il Ministro Maroni spiega che a bloccare la divulgazione dei fascicoli fu l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi con una apposita circolare di Palazzo Chigi; queste novità rendono l'intera vicenda ancora più misteriosa ed evidenziano a maggior ragione una esigenza di trasparenza -: quale atteggiamento abbia l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri sulla segretezza dei fascicoli decisa dal Presidente Berlusconi; se non si ritenga necessario consentire al Parlamento di verificare modalità dell’attività spionistica e contenuti dei dossier; in particolare quali siano i contenuti, chi li abbia sollecitati e da chi siano state svolte le attività che hanno consentito la formazione di fascicoli riguardanti l'Union Valdôtaine e suoi esponenti politici”.

Non ricevetti risposta.

Ricerche storiche documentate del passato appurarono che mio zio Severino Caveri, quand’era deputato dal 1958 al 1963, veniva seguito dai Servizi, probabilmente perché esponente di spicco di un partito autonomista e nella temperie del dopoguerra poteva essere in parte comprensibile che venisse – come si dice in burocratese – “attenzionato”.

Per altro basta leggere molte pubblicazioni per vedere come in quegli anni turbolenti fossero tanti i Servizi segreti al capezzale della “question Valdôtaine, quando eravamo un problema internazionale prima dello Statuto di autonomia del 1948, che oggi definiremmo geopolitico.

Che questa idea di spiarmi capitasse a me, decenni dopo, era francamente risibile e nel contempo inquietante.