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15 nov 2024

Lo stop all’Autonomia differenziata

di Luciano Caveri

La sentenza della Corte Costituzionale sulla autonomia differenziata non è ancora uscita, ma ovviamente è stata la notizia che ha dominato la scena della politica italiana nella giornata di ieri.

Per altro il riserbo che dovrebbe avvolgere il lavoro dei giudici della Consulta era già stato rotto da alcune anticipazioni di stampa e immagino che il Presidente Augusto Barbera, con cui lavorai a lungo alla Camera ed è persona seria, immagino che non sia stato contento di questa fuga di notizie.

Ne scrivo per l’interesse di riflesso anche sulle Speciali, avendo per altro seguito la genesi della modifica costituzionale quando ero membro della I Commissione Affari Costituzionale. Fu la Sinistra ad inventarsi quel comma tre dell'articolo 116 da cui è nata la legge di cui parliamo. In sostanza si aggiungeva alle Autonomie speciali come quella valdostana - confermate da quella riforma del 2001 - questa autonomia differenziata per le Regioni ordinarie. Era una risposta politica che allargava la loro autonomia come risposta ai successi elettorali della Lega.

Questa norma è rimasta nel cassetto per decenni e quando il centrodestra (che non la votò) l’ha applicata la Sinistra, che l’aveva voluta, l’ha criticata e impugnata con gli esiti attuali, mostrando così le giravolte della politica italiana!

Per ora, comunque, si lavora - e non è facile dunque commentare quanto avvenuto - su di un comunicato stampa, che apparirà stringato quando si leggeranno le motivazioni che risulteranno certamente assai articolate. Intanto conta quel che c’è scritto nella prima parte e che mostra in apparenza una mancata bocciatura della legge, che era in attesa di una sua applicazione, sospesa dai ricorsi avvenuti contro i suoi contenuti.

Anticipo che dubito che ci sarà a questo punto il referendum abrogativo richiesto da apposita raccolta firme e da alcune Regioni, visto che la Corte ha rinviato di fatto la palla al Parlamento.

Ecco l’inizio del comunicato: ”In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio Comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo”.

Quindi apparentemente nessuna stroncatura, ma segue un impressionante elenco di norme che non corrispondono al dettato costituzionale.

Prosegue il comunicato: “Secondo il Collegio, l’art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio. I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”.

Segue l’elenco che spiega sommariamente l’incostituzionalità di alcuni punti e sono molti della legge che trascrivo: “la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà; il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento”.

Ricordo che i LEP erano una delle preoccupazioni anche delle Speciali e delle zone di montagna come la nostra con i suoi sovraccosti.

Seguono altre motivazioni che stroncano le procedure sui LEP, riportandoli al Parlamento e ai suoi poteri non scavalcabili dal Governo. La Consulta mette poi i puntini sulle i riguarda alle coperture finanziarie necessarie.

Vi è poi un punto che interessa anche la Valle d’Aosta e riguarda “l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali”. Leggeremo se, come credo, ci si riferisca alle procedure di cui alle norme di attuazione degli Statuti.

Seguono poi altre indicazioni della Corte per nulla banali come “l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo; la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata”.

Tralascio altri aspetti che andranno letti nel dettaglio. In sostanza si stoppa tutto e questo temo blocchi o rallenti anche alcuni ragionamenti in corso sulla Specialità e la sua espansione proprio in relazione all’Autonomia differenziata in corsa e oggi ferma ai box. Vedremo!