Parlo della Liberazione, avvenuta in Valle d’Aosta per essere esatti il 28 aprile.
Fossimo ancora, come in un remoto passato, un Pays d’Etat, allora questa sarebbe la data giusta, ma ci si assesta sulla data canonica italiana del 25 aprile e mi adeguo.
Ormai questa data gronda di divisioni, il che è allucinante e questo avviene ancora e forse più che in passato in un Paese governato con un ruolo prevalente da un partito nato dalle ceneri del fascismo. Intendiamoci: questa preminenza l’hanno scelto democraticamente e dunque con le Istituzioni si parla e si dialoga, notando anche chi le radici con il passato oscuro le ha pure tagliate. Pur tuttavia, si avverte una certa difficoltà diffusa di chi viene da origini neofasciste a abiurare in pieno certe vicende deprecabili e associarsi al valore simbolico del 25 aprile.
Si dice da parte di questo schieramento: vecchia storia quella del fascismo e dunque non parliamone più. Per me questo è inaccettabile: quel che viene dal passato serve al presente come monito in un mondo in cui troppo spesso la memoria manca e autocrazie e dittature rifioriscono come fantasmi di cui bisognerebbe fare a meno, essendo la democrazia altra cosa!
Altra baggianata: i partigiani erano tutti comunisti. Per altro, si rischia di crederci con un’Associazione Nazionale Partigiani, senza più partigiani per ragioni di età , posizionatasi purtroppo e con grande faccia di bronzo all’estrema sinistra a colpi di iscrizioni!
Invece, le bande partigiane avevano diversi orientamenti politici e in Valle si aggiungeva come motivazione l’afflato di libertà dei valdostani, dopo il Fascismo e molte angherie dell’Italia unita.
Questo pluralismo è stata una fortuna, concretizzatasi in una Repubblica con una Costituzione a più mani proprio per il risultato del primo voto per la Costituente nel 1946. Venendo meno anche la possibile supremazia di chi guardava all’Unione Sovietica e a quelle spinte alla rivoluzione (“biennio rosso”) dello stesso stampo, che servirono negli anni Venti del Novecento come trampolino di lancio per Mussolini e camerati. URSS che - bene oggi capirlo - servi come lasciapassare all’imperialismo nazista con lo sciagurato Patto Molotov-Ribbentrop, firmato il 23 agosto 1939. I sovietici entrarono in guerra contro i tedeschi il 22 giugno 1941, quando la Germania nazista invase l’URSS con l’Operazione Barbarossa. Qualche giorno prima, l’11 dicembre, Germania e Italia, alleate del Giappone nell’Asse, dichiararono guerra agli Stati Uniti, dopo che gli americani, l’8 di dicembre, avevano fatto la stessa cosa, vittime dell’attacco giapponese a Pearl Harbor.
Il triennio successivo fu pieno di eventi e la Valle d’Aosta non a caso ottenne la Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Resistenza, concessa il 2 maggio 1949 con decreto del Presidente della Repubblica.
Ecco un passaggio della motivazione: «Valorosa popolazione alpina che, durante l’occupazione nazifascista, seppe opporsi con fierezza, coraggio e spirito di sacrificio, sostenendo la lotta partigiana in condizioni estremamente difficili».
Chapeau!
Un ricordo di famiglia, oggi è necessario.
Io mi chiamo Luciano per un avvenimento luttuoso di quel giorno. Mio zio Antoine Lucien Caveri morì il 28 aprile 1945 nell'allora Piazza Carlo Alberto (oggi Piazza Chanoux) a causa di una fatalità: la caduta a terra di una pistola che una persona aveva alla cintola e da cui partì un colpo mortale. Aveva preso il suo nome dal fratello del mio bisnonno (suo nonno), Antonio Caveri avvocato e giurista genovese, che fu tra l'altro Sindaco della città e nel 1848 eletto deputato nel Parlamento Subalpino e successivamente Senatore del Regno.
Antoine era in piazza per un comizio, essendo comunista e capo del partito all'interno della Cogne. Fu convinto dalla sorella Marie ad andare a parlare per l'insistenza degli operai che andarono a chiamarlo in via Sant'Anselmo nell'abitazione di famiglia, malgrado quel giorno fosse ammalato. Fatalità, appunto. Pensare che pochi giorni prima era stato messo al muro dai fascisti e ne uscì vivo per l’intervento della stessa sorella Marie. E poi…
Antoine era stato fra i fondatori della Jeune Vallée d'Aoste con suo fratello Séverin e avrebbe avuto certamente un ruolo di spicco nel dopoguerra.
Ma morì in pochi secondi colpito dal proiettile e lo ricordo qui.