Mi piacciono gli anniversari, quando servono a scandire passaggi storici essenziali per la Storia valdostana.
L'Union Valdôtaine venne fondata, come oggi 80 anni fa, il 13 settembre del 1945 da sedici persone, che qui vorrei - so che l’ho già fatto! - citare una ad una: Flavien Arbaney, geometra, Aimé Berthet, insegnante, Louis Berton, dottore in legge, Robert Berton, insegnante, Amédée Berthod, pittore, Lino Binel, ingegnere, Joseph Bréan, canonico di Sant'Orso, Charles Bovard, canonico di Sant'Orso, Séverin Caveri, avvocato, Albert Deffeyes, insegnante, Paolo Alfonso Farinet, dottore in legge, Joseph Lamastra, veterinario, Félix Ollietti, notaio, Ernest Page, avvocato, Jean-Joconde Stévenin, canonico di Sant'Orso, Maria Ida Viglino, insegnante.
Chi conosce la storia valdostana sa bene la ricchezza umana e lo spessore culturale in questo elenco di persone. Li accomunava la reazione all’indomani dell’emanazione dei primi documenti ufficiali, i decreti luogotenenziali, che sancivano la prima forma di autonomia del secondo dopoguerra.
Lo facevano, in realtà, perché insoddisfatti dell'esito della lunga lotta, prima come un fiume carsico, dopo l'avvento del fascismo e poi nel fenomeno resistenziale, con agganci però, anche per ragioni anagrafiche, con le vicende "autonomistiche" nel quadro dell'Italia liberale. Alcuni degli esponenti dell'Union Valdôtaine dell'atto fondativo lasceranno il "Mouvement” aderendo ad esempio alla Democrazia Cristiana ed al Partito Comunista. Polarizzazione figlia della “guerra fredda”.
Altri, come mio zio Séverin, che sarà leader dell’UV e protagonista della politica locale, sceglieranno la strada di un rafforzamento del partito per farlo sopravvivere e lo fecero con maestria.
Ogni tanto vengo preso in giro perché cito questo mio zio e lo faccio non solo per affetto di un illustre fratello di mio papà, ma anche perché trovo gravemente ingiusto che troppo spesso non gli venga a sufficienza riconosciuto un ruolo fondamentale come vero erede sin da subito del pensiero di Émile Chanoux. Un gigante della politica valdostana che non ha avuto i riconoscimenti postumi che avrebbe meritato!
Con alti e bassi, l’UV è ed è rimasta una chiave di volta della politica valdostana. Lo ha fatto mentre la partitocrazia italiana cambiava pelle e sigle dei partiti, mantenendo una linea coerente ad un solido patrimonio di idee e valori, nell’alternarsi delle leadership e nel susseguirsi delle generazioni dei militanti.
In sostanza: una sicurezza per una buona parte dell’elettorato valdostano, che in altra parte, invece, è stato attratto da proposte politiche la maggior parte delle quali vittime di insuccessi per l’umorale comportamento di quella che un tempo si chiamava pomposamente opinione pubblica. Fra strappi e nuove sigle in campo autonomista, di cui io stesso ho fatto parte, si è giunti infine alla scelta di quasi tutti di tornare sotto la casa madre dell’Union Valdôtaine.
L’ho fatto predicando a lungo questa scelta e oggi sono felice, nel solco della mia lunga esperienza politica, di correre sotto il simbolo - lo stesso dal 1945 - del leone rampante originale. Oggi tutti si dicono autonomisti, a dispetto spesso dei loro reali comportamenti, approfittando del distacco di molti dai fatti politici e amministrativi.
Una sorta di oblio di parte dei cittadini, che cascano nella trappola delle promesse e degli ammiccamenti di chi, purtroppo, li prende per fessi.
Ho su questo un periodico scoramento e mi scuoto da questo stato d’animo nella speranza dura a morire che ci sia in molti un moto di orgoglio contro chi - con l’aiuto di “truppe” romane - predica bene e razzola male nei confronti della Valle d’Aosta.