Non c’è troppo spazio per la nostalgia. Anche se sembra essere il destino di certe generazioni di mezzo come la mia, obbligate a inseguire l’innovazione per non restare al palo.
Sono un tifoso della rivoluzione digitale, anche se appartengo alla generazione della carta. Il massimo della tecnologia, quando ho cominciato a fare il giornalista, era la macchina da scrivere elettrica, meno faticosa di quella meccanica. Ricordo bene le telescriventi del tempo che fu che battevano le notizie d'agenzia e la prima volta che ho visto, con la carta chimica che si arrotolava, il miracolo del fax con un foglio che - tipo "Star Trek" - entrava da una parte ed usciva a chilometri di distanza. Per chi faceva radio si lavorava sul nastro, tagliando sospiri e parole con le forbici e rimettendo assieme il discorso con un pezzo di nastro adesivo. In televisione si viaggiava con la logica, sempre su nastro ("Ampex"), del riversamento. Poi piano piano la digitalizzazione ha creato una traccia vocale e tracce video, rendendo tutto molto diverso.
E intanto nella vita è capitato lo stesso: con la scomparsa di aggeggi che ci sembravano moderni, morti e accorpati inevitabilmente in questi nuovi strumenti che sono diventati - come i telefonini - autentiche "protesi" a cui chiediamo e da cui otteniamo servizi un tempo disparati ed analogici. Il Web ci ha fatto capire cosa fossero quelle "autostrade digitali" di cui all'inizio si favoleggiava.
Oggi siamo e ci restiamo nell’“nell’era digitale”, espressione ormai ampiamente utilizzata in ambito accademico, tecnologico e giornalistico per descrivere il periodo caratterizzato dall’uso massiccio di computer, Internet, Intelligenza Artificiale, Big Data e tutto il resto. Il digitale è sempre più rivoluzionario.
Una volta le tecnologie rivoluzionarie mettevano un sacco di tempo ad imporsi e ciò non permetteva ai contemporanei di godere delle scoperte, se non in rari casi. Per cui i mutamenti derivanti dalle novità attraversavano in genere la vita, anche perché più corta, di tante generazioni. Oggi le innovazioni si affermano subito e ti travolgono e, se non stai al gioco, finisci per essere buono per essere messo nella teca di un museo, come la "Mummia di Similaun".
In Valle d’Aosta, con fondi propri, europei e del PNNR, stiamo cavalcando il cambiamento che migliorerà il funzionamento del settore pubblico, della vita dei cittadini e delle imprese. La piccola Valle d’Aosta deve stare in allerta e avere una pianificazione che spesso è tortuosa e entusiasmante nello stesso tempo. Bisogna fare scelte oculate e soprattutto guardarsi attorno e capire cosa fanno gli altri e per questo abbiamo in corso uno studio sull’uso dell’Intelligenza artificiale in tutto l’Arco alpino nella famosa macroregione di cui facciamo parte e siamo non a caso capofila nel settore digitale. Si dice, con linguaggio europeo, le “buone pratiche” e si ha a che fare con interlocutori con cui trattare a fondo, sapendo che hai a che fare o con venditori abilissimi e anche con nerd che vivono in una loro bolla.
Di fronte a processi di automazione e all’uso plurimo dell’intelligenza artificiale ci si trova di fronte ad un mondo difficile da perimetrare.
Così come avviene, spostando la sempre di più le frontiere dell’interconnessione e della comunicazione globale con Internet, le Reti digitali, i Social media, le piattaforme di ogni genere.
Si devono capire le offerte delle aziende, la voracità dei big data che si impadroniscono dei dati altrui, l’incidenza degli algoritmi.
La società cambia con l’e-commerce, il marketing e pure l’intrattenimento si basa sull’analisi dei comportamenti digitali. Siamo soggetti schedati e indagati e le barriere di protezione sono una necessità nel bilanciamento fra vantaggi e rischi. Giorni fa, grazie ai soliti hacker russi, anche la Valle d’Aosta ha dovuto approfondire ancora delle questioni cardine come la cybersicurezza e la protezione dei dati.
Ne abbiamo discusso anche a Bruxelles al Comitato delle Regioni, ad esempio con il racconti di attacchi impressionanti agli Ospedali con veri e propri ricatti dei ”pirati” del digitale. Ma restano a pesare in positivo sulla bilancia evidenti vantaggi. Il digitale favorisce la riduzione degli sprechi (pensiamo allo smart working o ai documenti digitali che cominciano ad avere su App IO). Ci sono soluzioni importanti per problemi globali, come il cambiamento climatico o l’accesso all’istruzione.
Spiccano le cosiddette fabbriche intelligenti con la robotica, le possibilità date dai pagamenti digitali e le banche online, gli sviluppi della Sanità come la telemedicina e l’IA per le diagnosi.
È necessario, tuttavia, occuparsi del divario digitale che percorre la società e si combatte solo con la formazione, la conoscenza e il continuo aggiornamento. Il rischio è che fasce di popolazione vengano come travolte da novità che non capiscono e questo accentua diseguaglianze e crea sacche di persone per le quali si evidenziano marginalizzazioni e isolamento.
Esiste, insomma, anche una democrazia digitale.