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02 ott 2025

Pensieri positivi e cattivi pensieri

di Luciano Caveri

I cambiamenti nella propria vita creano un contrasto, direi una dialettica, fra pensieri positivi e cattivi pensieri.

Lo scrivo - sia chiaro - da inguaribile ottimista. Mi ritrovo nella frase di Charlie Chaplin: “Non troverai mai un arcobaleno se guardi in basso”.

Ma questo confronto fra chiaro e scuro è la realtà di fronte alla quale ci si trova ad esempio in certe zone di confine, quando lasci un terreno già ampiamente esplorato e vai verso la novità non disvelata, specie se ciò avviene sulla spinta di eventi negativi, talora inaspettati.

È in passaggi come questo che bisogna dare sfogo alle proprie emozioni e commozioni e anche imporsi di mantenere lucidità e freschezza mentale per non scivolare in pericolosi spleen.

Non mi infilo in storie troppo complesse, però mi viene in mente quanto lessi tempo fa e mi spiegarono in un recente viaggio davvero arricchente in Giappone su che cosa sostenga sul tema il taoismo.

Spero di non sbagliare nel dire che si teorizza dell’esistenza di due forze cosmiche, lo Yin e lo Yang, che non sono sovrapponibili al nostro concetto di Bene e Male. Si spiegano, infatti, come due forze che sono assieme opposte e complementari. Risultano, benché autonome, interdipendenti e in continuo movimento, perché creano l'armonia dell'universo. Lo Yang (Positivo, Luce, Forza) è la gioia, l'ottimismo, il successo, la certezza. Lo Yin (Negativo, Ombra, Ricettività) la tristezza, il dolore, il fallimento, l'incertezza.

Difficile capire per chi abbia avuto un’educazione cattolica come me, per il quale la dialettica più forte è proprio nella nostra religione quella tra Bene e Male, che però non sono nient’affatto complementari ma in conflitto perenne.

A me, laicamente, piace Jürgen Habermas, uno dei più influenti filosofi contemporanei. In soldoni: a suo avviso, il bene emerge da norme etiche che tutti i partecipanti possono accettare razionalmente, che sono basate su principi universali di giustizia e reciprocità. Il male, invece, è ciò che viola queste condizioni, come l'imposizione di norme ingiuste, la violenza e l'ignoranza deliberata verso gli altri.

Per Habermas, il male non è un’entità metafisica ma il risultato di pratiche sociali e comunicative distorte. È il rovescio della razionalità orientata all’intesa, cioè il momento in cui la ragione diventa dominio e manipolazione invece che dialogo ed emancipazione.

Complicata questa idea di legalità e di crescita? Non direi. Certamente si avvicina al mio modo di pensare e cioè alla mia idea che certe esperienze oggettivamente negative - se non risultano irreversibili nelle loro conseguenze - siano la spinta, la molla, l’elemento scatenante per reazioni positive di rinascita. Vale anche per la democrazia, quando rinasce da momenti difficili.

Sul piano personale, mi è capitato di subire bocciature e di ritrovarmi in primis con la mia coscienza per esaminarne le ragioni. Sempre utile ricostruire i percorsi per evitare di ripetere errori o anche per vedere altre responsabilità oltre a quelle proprie.

Ma poi si guarda al futuro senza impelagarsi nelle sabbie mobili delle proprie delusioni, che possono diventare il male che rode ogni prospettiva piccola o grande che sarà.

Specie se, come piccola chiosa, alla fine ci si sente in pace con la propria coscienza, giudice più severo di tutti.