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26 nov 2025

Astensionismo e la “vis politica”

di Luciano Caveri

Non scriverò più - lo prometto - dell’astensionismo come una malattia che rischia di erodere la democrazia. Chi non ha capito che è davvero così è duro d’orecchio.

Mi sembra di essere ripetitivo e in fondo "Vox clamantis in deserto", cioè “la voce d’uno che grida nel deserto”, celebre frase biblica che si ripete talvolta alludendo ad avvertimento non ascoltato e ad una sorta di predica che risulta essere inutile.

Anzi, più si discute di questa scelta di disertare le urne e più certe giaculatorie sembrano ottenere l’effetto inverso. D’altra parte si evidenzia con facilità un disinteresse verso la politica, che va al di là della scelta di disertare le urne.

Anche in Valle d’Aosta, nelle elezioni regionali in Valle d'Aosta del 28 settembre 2025, l'affluenza al voto è stata del 62,98%, pari a 65.014 votanti su un totale di 103.223 aventi diritto. Questo dato ha rappresentato un calo rispetto al 70,5% registrato nel 2020 (quando però le elezioni si svolsero in due giorni).

Un dato basso ma non disastroso, se comparato alla partecipazione alle Regionali delle scorse ore: Veneto 44,6%, Puglia 41,8%, Campania 44,05%.

La si può girare come si vuole, resta un’evidente sconfitta per il suffragio universale e il tema, fra vincitori e vinti, sembra scivolare via all’indomani delle consultazioni elettorali. Non che manchino studi approfonditi e una vasta convegnistica sul tema.

Ormai anche i sassi sanno dell’esistenza di un astensionismo volontario di protesta e disaffezione, che incarna la sfiducia verso i partiti politici e la classe politica.

Un fenomeno che si accentua con il venir meno dei partiti di massa e delle grandi ideologie, che ha ridotto il senso di appartenenza e di dovere civico, così come definito nella Costituzione.

Si aggiunge il senso di irrilevanza e dunque un astensionismo motivato dalla convinzione che il proprio voto non influenzi affatto le decisioni finali ("hanno già fatto tutto loro, che vado a fare a votare").

Pesano anche la complessità dei sistemi elettorali che privilegiano le scelte dei partiti con la composizione delle liste, che tolgono spazio alle scelte dei votanti.

Poi sarà vero che ci vorrebbero forme di voto che facilitino il voto, che sia per corrispondenza o in modalità elettronica Resta, comunque, l’impressione, che il nodo centrale resti la profonda crisi di fiducia tra cittadini e politica e sul punto necessitano riflessioni politiche vere e proprie e non solo con accorgimenti tecnici, per quanto possa essere utili per la causa.

Ho vissuto diverse stagioni nella politica attiva, sforzandomi di trovare con strumenti vecchi e nuovi quelle leve che servissero a far partecipare più cittadini possibili al sistema dei partiti e dei movimenti come antidoto all’indifferenza.

Scriveva sul tema in queste ore sul Frammenti, la sua rubrica sul Corriere, Ferruccio de Bortoli: ”I partiti tendono a rimuovere il problema, preoccupati più di tenere i propri elettori che di conquistarne di nuovi. Se si riuscisse (per magia, a questo punto) a vincere l’afasia della maggioranza di italiani che non va alle urne, le conseguenze sarebbero imprevedibili. Dunque, meglio non correre alcun rischio e aggrapparsi ai fedeli senza rincorrere i delusi. Altrimenti si porrebbe l’urgenza di alcune scelte. 

Abbassare, per esempio, il limite dell’elettorato passivo, concedendo ai pochi giovani che abbiamo gli stessi diritti politici dei loro coetanei in altri Paesi europei. Adeguare (e prima o poi toccherà farlo) i sistemi di votazione alle nuove tecnologie. Reintrodurre - come accadeva nella Prima repubblica - una sanzione per chi non esercita il diritto di voto che, nella nostra Costituzione, è anche un dovere civico. Per quanto tempo ancora potremmo non parlarne?”.

E ancora incalza più avanti con una provocazione: ”Non è del tutto improponibile una discussione aperta anche sulla soglia di minoranza accettabile affinché una democrazia rappresentativa sia ancora tale. Qual è il livello minimo al di sotto del quale l’eletto perde di fatto la propria legittimazione democratica? Quesito da non lasciare ai posteri”.

Ci sono stati periodi, molti anni fa, in cui le vicende politiche valdostane al calor bianco aveva creato forti mobilitazioni e senso di appartenenza, che si riversavano come un fiume in piena nelle urne.

Situazioni, per altro, che confermavano quella vis politica, come la chiamerei con un latinismo rivisitato, riferendomi alla capacità attiva del cittadino di partecipare alla vita pubblica attraverso una vera e propria ”energia civica” non solo come dovere, ma come desiderio di essere parte del processo decisionale

Sogno o son desto?