Arriva da lontano la tenerezza del Natale.
È fatta da un’ondata di ricordi, che somiglia a certi sogni che arrivano sul limitare del risveglio e sono pieni di immagini.
Questo lo devo spiegare, prima di continuare. Dei sogni sappiamo parecchie cose scientifiche. Gli esperti di sonno (in particolare i ricercatori di cronobiologia e oneirologia) concordano su alcuni punti precisi riguardo ai sogni che facciamo all’alba, cioè nelle ultime ore del sonno, appunto verso il mattino.
In quel momento, i cicli del sonno sono dominati dalla fase REM (Rapid Eye Movement), quella in cui si sogna in modo più vivido e narrativo. Certo io tempo nei sogni è distorto: la mente comprime o espande gli eventi. Un sogno di 40 minuti può sembrare un’epopea di ore o, al contrario, un flash di pochi secondi.
I sogni REM dell’alba sono spesso i più ricchi di dettagli emotivi e narrativi, quindi li ricordiamo meglio e ci sembrano “importanti” o lunghissimi.
Così la tenerezza del Natale nei miei ricordi. Alcuni sono lunghi e rappresentano il Natale più profondo della mia infanzia.
Risveglio nella casa della mia famiglia. Corsa lungo gli scalini fra parte notte e parte giorno, precipitandomi verso i pacchi dei regali. Poi in auto verso Aosta per andare da zia Eugenie. Sosta a Nus a casa di amici e poi visita a parenti prima e dopo il pranzo, quando la memoria indugia e sento le voci, rammento i profumi, avverto l’atmosfera.
Ma ci sono anche flash: i volti dei miei genitori giovani e non vecchi come capita quasi sempre, la neve fuori perché la neve c’era sempre nella mia infanzia, lo strano presepe stilizzato a casa della zia, la tavola imbandita e sullo sfondo il tombolo su cui la zia faceva i pizzi, un grande mobile in legno con un cervo intagliato sulla cima, i libri in francese di una libreria.
Quei parenti, tutti scomparsi, che crescendo studiavo nelle loro fattezze, nei loro discorsi, nelle parole affettuose e complici fra mio papà e i suoi fratelli e sorelle, la stanchezza a fine giornata e persino, da adolescente, il considerare tutto inutile. Incosciente che un giorno avrei rimpianto quanto allora mi sembrava una costrizione e una finzione.
Poi cambi ruolo, cresci e diventi padre. Allora vedi le cose da un’altra prospettiva con l’impegno di creare lo spirito del Natale, che rende te a servizio di chi deve vivere l’atmosfera della festa. Cercando di evitare, quando hai figli piccoli, di svelare certe bugie su Babbo Natale e di raccontare, invece, la storia antica della nascita di Gesù e il suo significato più profondo.
A me è sempre piaciuta l’attesa, il conto alla rovescia, la curiosità per i regali, la preoccupazione - ad un certo punto - che i tipi di doni agli altri piacessero, trovare anche cose pratiche per dare un senso, come l’allestimento dell’albero, del presepe.
E cercare novità che potessero spiazzare, come il viaggio della Lapponia buia per latitudine con le renne vere e così tanti Babbi Natale che obbligano a spiegare ai più piccoli questa singolare moltiplicazione.
Poi Natale diventa un flash che passa, galoppando in fretta e non riesci a rallentarne la velocità, forse perché il tempo era stato falsato dal rallentatore dell’attesa precedente.