Basta leggere i siti ufficiali della Svizzera per vedere il gran lavoro in corso nella Confederazione, riassumibile nel titolo che campeggia su di una pagina Web: "Patrimoine culturel immatériel en Suisse: la liste des traditions vivantes prend forme". Gli svizzeri spiegano bene che cosa sia questa nuova categoria, voluta dall'Unesco nel 2003: "La notion de patrimoine culturel immatériel désigne un ensemble de traditions et de pratiques, transmises de génération en génération, qui donnent à une communauté un sentiment d'identité et de continuité". A Roma fui promotore della candidatura, quando la categoria era appena nata, dei walser che, malgrado i carteggi e le promesse, temo sia finita in qualche cassetto a Roma ed è un peccato perché quella proposta aveva già una logica europea, pensando alla diffusione delle comunità walser lungo tutto l'arco alpino. Ora, attenzione attenzione, i Cantoni svizzeri stanno inviando le loro proposte a Berna che entro l'autunno porterà a maturazione il dossier. Il Valais di proposte ne ha inviate quattordici, assai varie fra di loro e fra queste spiccano i "combats de reines" e la scelta non può lasciarci indifferenti perché bisogna evitare che sia una candidatura unilaterale. Sarà dunque bene che la Valle d'Aosta, anche attraverso l'istanza ufficiale di cooperazione transfrontaliera definita "Conseil Valais-Vallée d'Aoste", reclami in fretta con i nostri "cousins" vallesani. Sarà pur vero che come loro neppure noi valdostani possiamo pretendere un copyright sulla "bataille", ma non si può certo pensare che i vallesani spaccino solo per loro qualcosa che condividono con noi (e ci sono di mezzo anche i savoiardi). Si tratta di una caratteristica culturale comune e profondamente radicata fin dall'antichità, dai tempi dell'addomesticamento dei bovini, in questa nostra area alpina. Anzi, va aggiunto che il nostro sistema organizzativo, fra eliminatorie, finalissima nell'arena Croix-Noire, numerosità di allevatori implicati e reines combattenti non ha certo eguali. Per cui è bene muoversi in modo coordinato per affermare la forza di di una tradizione che è collante sociale e specificità: una "bataille" nella quale anche la bovina più aggressiva sa darsela a gambe (zampe?) quando l'avversaria di fronte a lei si dimostra più forte. Senza spargimento di sangue, come lezione per noi umani. P.S.: segnalo che i vallesani vogliono tutelare, attraverso l'eventuale riconoscimento dell'Unesco, anche il patois. Evito di ripetermi...