"L'ordinamento comunitario esclude che gli Stati membri, ivi compresi gli Enti infrastatuali, possano soggettivamente e a loro discrezione decidere sulla sussistenza dell'interesse economico del servizio, conseguentemente il legislatore statale si è adeguato a tale principio dell'ordinamento comunitario nel promuovere l’applicazione delle regole concorrenziali ed ha escluso che gli Enti infrastatuali possano soggettivamente e a loro discrezione decidere sulla sussistenza della rilevanza economica del servizio (rilevanza che, come più volte sottolineato, corrisponde per il diritto interno all'interesse economico considerato dal diritto comunitario)". E di conseguenza, con ulteriore sintesi: "La disciplina statale pone una nozione generale e oggettiva di rilevanza economica, alla quale le Regioni non possono sostituire una nozione meramente soggettiva, incentrata cioè su una valutazione discrezionale da parte dei singoli enti territoriali": Ho citato due passaggi della sentenza 325 del 2010 della Corte Costituzionale, che è la ragione per noi valdostani per votare "sì" sui due referendum sull’acqua (e per quel che mi riguarda ci sono buone ragioni anche per gli altri due). E' vero, infatti, che in Valle abbiamo scelto (è una decisione della mia Giunta) a suo tempo di mantenere in capo al pubblico questo settore, evitando quella liberalizzazione – in ossequio alle norme sulla concorrenza – che avrebbe avuto conseguenze negative e avrebbe, in più, caducato quelle norme statutarie che assegnano un ruolo importante alla Regione in questa materia. Ma proprio questa sentenza della Corte, che "cadrebbe" in parte con i referendum di domenica e lunedì, è la ragione per cui non possiamo "chiamarci fuori" per il rischio che, essendoci noi stessi detti dell'assenza dell'interesse economico del sistema di acquedotti e affini (dando un ruolo importante al "Bim - Bacino Imbrifero Montano" della Valle), si trovi un giorno un giudice che chieda alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità di questo nostro disegno interamente pubblico. I rischi di vedersi messe in discussione le nostre scelte di "servizio pubblico" sarebbero enormi, come sanno molte zone di montagna, "scippate" di una delle poche ricchezze a loro disposizione, l'acqua. Non a caso nella storia valdostana, specie nel dibattito dopo la Liberazione, attorno all'acqua ci sono state discussioni molto accese. Ricordo quando si discuteva alla Camera dei deputati negli anni Novanta la legge Galli su "Disposizioni in materia di risorse idriche" (numero 36 del 1994): era un'epoca in cui il rischio di vedersi "invase" le competenze regionali era elevatissimo. Vi assicuro – ma credo lo testimonino i resoconti parlamentari – che allora l'inserimento della formuletta "Sono fatte salve le competenze spettanti alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi Statuti e delle relative norme di attuazione" non fu per nulla una clausola di stile, come dimostrato dalle tappe successive che hanno consentito di avere un "modello valdostano", coerente con il nostro ordinamento giuridico, di gestione dell'acqua.