Non si può invocare la libertà d'opinione ed il rispetto necessario per il pluralismo delle idee, quando una serie di pagine di "CasaPound" e di "Forza Nuova" vengono chiuse su "Facebook" ed "Instagram" per i loro contenuti pericolosi e la propaganda sbracata. Conosco bene, pensando che non a caso venne scritto proprio dopo il liberticida Ventennio fascista cui i soggetti sopracitati inneggiano senza pudore alcuno, quell'articolo 21 della nostra Costituzione, di cui riporto i primi due commi: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". Si tratta di un testo chiaro e neppure la giurisprudenza più eccentrica ne ha potuto troppo modificare il profilo. La discussione alla Costituente si sviluppò il 14 aprile 1947 e il testo in vigore fu illustrato da un giovane Giulio Andreotti. Interessante è rilevare come ci fu un'interessante proiezione verso il futuro a scrivere "ogni altro mezzo di diffusione", che ha consentito alla norma di non invecchiare troppo, malgrado il tempo trascorso.
Certo il dibattito di allora ruotò molto sulla carta stampata e sulla radio, mentre non esisteva ancora in Italia la televisione e sarebbe stato da fantascienza immaginare quanto oggi abbiamo sott'occhio per avere informazioni attraverso la rivoluzione digitale, che è come un vulcano di idee e realizzazioni in piena ebollizione. Ma proprio questa ricchezza di media che ci travolge ed impegna una parte importante del nostro tempo, in questa corsa continua e spesso a rischio ossessione della connessione perpetua, ha un lato oscuro. A difesa contro un uso distorto dell'informazione esistono presidi legati a possibili azioni in sede penale e civile, ma questo avviene quando si sono già rotte le uova nel paniere. Mentre sarebbe bene avere nei nuovi media regole di policy che siano presidio preventivo ad uso strumentale, sapendo bene come notizie false, strumentalizzazioni pilotate, menzogne costruite ad hoc agiscano sulle persone on line. Esiste in sostanza, ad esempio per instradare masse di votanti, una strumentazione scientifica che può pesare - perché già avvenuto - sulle competizioni elettorali. Il venticello della calunnia in Rete non si spegne facilmente ed una serie di "fake news" possono sopravvivere nel tempo e rispuntare di tanto in tanto. Ma chi deve dettare le regole, sapendo che siamo in un sistema globalizzato? Non credo sia giusto lasciare in mano ai colossi del mondo digitale le scelte su come regolare il traffico e spegnere chi violi le regole, sapendo in più che esistono Stati "canaglia" che consentono a certi utenti sulfurei di muoversi con piena libertà se agiscono nei loro territori. Quindi, per quanto sia giusto che ogni Stato legiferi e nel caso italiano nel quadro delle normative comunitarie dell'Unione europea che hanno dimostrato una certa rapidità d'intervento, ci vorrà sempre di più un vasto quadro di riferimento internazionale, che preveda sanzioni per i Paesi irrispettosi di regole condivise a vantaggio dei pirati del Web. Per cui nessuno plaude a logiche di chiusura, perché ogni oscuramento avviene di fatto con i buoi già scappati dalla stalla, ma bisogna lavorare per avere normative pubbliche e non private e soprattutto onnicomprensive di ogni violazione per evitare logiche arbitrarie per cui ci siano dei siti chiusi e altri restino aperti a parità di contenuti intollerabili. Oggi il mondo è a portata di "clic" senza protezioni reali e questo colpisce in modo particolare chi ha meno filtri culturali e morali. Di questo bisogna avere consapevolezza e muoversi prima, per prevenire, e non ex post quando certi colpi di spugna servono agli estremisti di qualunque colore per inneggiare a quella libertà che - vorrei si cogliesse l'evidente paradosso - ogni regime totalitario aborrisce!