Non so se in tanti abbiano seguito la nascita e la diffusione della "cancel culture". Si tratta, come ha scritto "Il Post", di «un'espressione ormai diffusa negli Stati Uniti che indica la tendenza - accentuatasi molto negli ultimi anni sui social network, soprattutto nelle persone di sinistra, nei giovani e tra gli attivisti anti-razzisti - ad attaccare collettivamente persone famose di cui emergono comportamenti, idee o dichiarazioni ritenute sbagliate e offensive». In queste polemiche non sono coinvolti solo scrittori, giornalisti, intellettuali, docenti, registi, attori, personaggi dello spettacolo, politici o influencer, ma anche aziende (specie le multinazionali), colpite spesso boicottaggi con tam tam sui "social". Simbolico l'abbattimento di statue e di busti di personaggi storici ritenuti impresentabili perché colpevoli di presunti misfatti morali con una logica profonda di riscrittura postuma delle loro biografie.
Ricordai in passato la campagna contro Cristoforo Colombo, per i suoi misfatti nelle Americhe, e quella recente da chi non vuole ricordare i duecento anni dal 5 maggio 1821, quando, a Sant'Elena, all'età di 51 anni, morì Napoleone, perché fu un dittatore. Trovo un articolo molto arguto sul giornale svizzero "L'Osservatore", che parte dall'anniversario di cui tanto si parla. Dante Alighieri, di ritorno a Ravenna da un'ambasceria a Venezia, colto da febbre malarica, morì settecento anni fa, nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321, a 56 anni. Lo ha scritto Pietro Ortelli, che così annota: «Nel 2012, l'associazione "Gherush92", consulente speciale del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, esigeva, in via principale, che "La Divina Commedia" fosse espulsa dalle scuole, o, se proprio non si potesse, in via subordinata, che i passaggi incriminati venissero denunciati e condannati davanti agli studenti. Avevo allora appreso, in verità non senza vivo compiacimento, che il poema è "razzista, islamofobo, antisemita e offende i gay". Questo giudizio piuttosto pesante degli zelanti inquisitori germina naturalmente dalla constatazione che nell'inferno di Dante sono condannati gli omosessuali, come anche il grande sacerdote Caifa e il profeta Maometto (sia pure in compagnia di un paio di papi e di innumerevoli ecclesiastici di ogni genere e specie). Il mio compiacimento nasceva dal fatto che avevo facilmente profetizzato in anticipo agli studenti che, prima o poi, qualcuno sarebbe sceso in campo, spinto da preoccupazioni educative, a denunciare la lettura della "Commedia" nelle scuole (tuttora prevista dai programmi in Italia ed anche da noi), a causa dei passaggi in aperto e clamoroso contrasto con una visione delle cose "politically correct"». Infatti questa è sicuramente la radice da cui è nata la mala pianta, quando applicata con assoluta cecità e non con discernimento, di certo revisionismo storico e culturale. Prosegue l'autore: «Però è un fatto che dal "politicamente corretto" estremizzato si è sviluppata la "cancel culture", molto potente in America e in Inghilterra, la quale impone di eliminare dalla società, dalla cultura, dalla scuola, dai media, e anche dalla storia, tutto quanto non sia riconoscimento pieno delle minoranze oppresse: donne, "lgbt", neri, eccetera. La richiesta dell'associazione "Gerush92" sembra un manifesto antesignano di questa "cultura", che nel frattempo ha visto aumentare il proprio peso nelle università americane e inglesi, ma anche francesi, minacciando in modo grave la qualità dello studio e della formazione dei giovani. Gli effetti di questa rasatrice ustione censoria minacciano tutte le grandi figure del passato, ma possono essere contenute, per lo meno da noi e in molti altri paesi, fra cui l'Italia, senza soverchie difficoltà, per la forza ancora decisiva delle tradizioni interne alle diverse discipline e, probabilmente, perché è meno nutrita e aggressiva la militanza al servizio di un progetto culturale così nefasto. C'è invece, al di là di simili inquietanti fanatismi, un vero, sanissimo problema, nel rapporto con i grandi autori del passato che entrano nel canone della cultura occidentale: essi sono caratterizzati ad un tempo da vicinanza e lontananza rispetto a noi, e ci parlano lungo entrambi questi assi: e noi impariamo sia dalla distanza sia dalla vicinanza, sia dall'analogia sia dalla differenza. Anche da questo punto di vista la "Commedia", che è uno spaccato pieno del mondo di allora - al culmine della civiltà medievale - in cui entrano la storia, i personaggi, la geografia, la politica, la scienza, la morale, la filosofia e la teologia, ci può sollecitare forse più di ogni altro libro della nostra letteratura». Ortelli segnala infine tre aspetti di Dante: «...la statura del genio, la pienezza della fede personale, una sintesi culturale organica come quella del periodo nel quale Dante ha vissuto: e questo ne fa naturalmente un unicum irripetibile (poiché almeno la terza di quelle condizioni oggi è decaduta, probabilmente per sempre). Tutto questo per i nuovi barbari della "cancel culture" andrebbe sacrificato perché il testo non è sdoganabile in blocco nel loro universo moralistico dove tutto ciò che è in contrasto con il loro inclusivismo va eliminato». Fine delle citazioni, che mostrano come ci voglia cautela e intelligenza ed i libri non vanno mai messi al rogo, specie se la legna è fatta di oltranzismo e ideologismo.