I diritti sono importanti e declinabili in un insieme molto vasto, che chiamiamo “umani” e possono essere classificati in diritti civili, politici e sociali. Bella e sintetica anche la definizione “diritti fondamentali”. La Costituzione italiana - per quanto senta il peso dell’età - offre una buona esposizione dei diritti e ancor meglio, perché più recente, è quanto contenuto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Lo dico perché questi principi sono importanti e servono a indicare la strada per qualunque cittadino in un mondo nel quale i continui sviluppi ci pongono di fronte a novità da capire e da regolamentare. Cambio scenario con apparente discontinuità. Ci sono argomenti di fronte ai quali molti politici traccheggiano nella logica di non scontentare nessuno. Per mia fortuna non fa parte del mio carattere un atteggiamento di questo genere. Piuttosto di dire e non dire, cercando di sfuggire a un sì o ad un no, preferisco esprimermi in maniera chiara, riservandomi semmai nel tempo di far evolvere la mia opinione. Diceva lo scrittore inglese James Russell Lowell che “Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione”. Vengo al punto, evitando di portarvi troppo in giro. Mi riferisco ad una novità di questi anni, che da rarità è diventata ordinarietà ed la questione della maternità surrogata. Treccani così spiega e mi scuso con chi ne abbia già perfetta consapevolezza: “L’espressione “maternità surrogata” indica la situazione nella quale una donna si assume l’obbligo di portare a termine una gravidanza per conto di una coppia sterile, alla quale s’impegna poi a consegnare il nascituro. In realtà, la figura della madre su commissione può dar corpo a molteplici fattispecie, a seconda del tipo di partecipazione della donna esterna alla coppia: costei può provvedere solo alla gestazione, o anche al concepimento dell’embrione, con l’apporto o meno del proprio materiale genetico; senza contare l’eventuale intervento di un donatore di gameti maschili, che contribuisca geneticamente alla formazione dell’embrione”. Poi si entra ancor di più nel merito: “Ad accomunare tutte queste ipotesi è la radicale scissione tra maternità sociale, biologica e genetica, che mette in crisi il tradizionale principio secondo cui “madre” del “nascituro” è colei che lo ha “partorito”. Si tratta di fenomeno affatto nuovo, ma che lo sviluppo della scienza e della tecnica ha reso più complesso e potenzialmente diffuso”. Segue una ricostruzione degli aspetti giuridici, compresi gli aspetti penali e civilistici su cui non mi soffermo, esprimendo solo una mia opinione generale. Segnalo solo che i divieti della legislazione italiana sono facilmente aggirabili, come ben si sa, andando in Paesi dove questa pratica è consentita, creando poi problemi di registrazione all’anagrafe in Italia dei bambini nati con queste pratiche. Confesso molti dubbi e non in una logica oscurantista o antiscientifica e comprendo il desiderio delle coppie (eterosessuali o omosessuali non è per me un problema) di trovare una soluzione. Ma credo che l’utero in affitto nelle diverse tipologie possibili non sia una scelta comprensibile. Capisco come questo derivi in parte dalle oggettive difficoltà che l’Italia frappone alle adozioni, che restano per me la strada maestra in un mondo nel quale troppi bambini sono senza genitori, spesso in condizioni tragiche in orfanotrofi. Così la penso: capisco che in molti parlano della generosità di un gesto di chi offre il proprio corpo per una nascita altrui, ma - almeno per ora - mi pare più una pratica mercantile. Chiarire bene questa questione potrebbe consentirmi di ragionarci, ma solo in una logica di contemperamento - che mi pare per ora non ci sia - fra diritto e doveri. E cioè riguarda le promettenti e talora inquietanti prospettive delle materie vaste che riguardano la bioetica.