Leggo un Noir - ormai il termine “giallo” è svanito! - di Oliver Pötzsch, scrittore tedesco, classe 1979, intitolato ”Il metodo del becchino” nella collana Universale Feltrinelli, durante alcuni spostamenti in viaggio e la storia mi intriga, anche se un pochino macabra, fra morti e mostruosità in una Vienna di fine Ottocento.
Si parla molto di cimiteri e sepolture - e ovviamente di cadaveri - come indica il titolo e, a latere del racconto, ci si fa un po’ di cultura da pompe funebri, da necrofori umani e non (insetti vari…) e anche sul destino delle salme con descrizioni piuttosto horror sul dopo di noi.
L’autore ammette una certa curiosità per i cimiteri e la condivido del tutto: quasi sempre nei miei viaggi, se posso li visito, e ho in memoria bei cimiteri storici, camposanti in luoghi panoramici, posti così suggestivi che vien voglia - facendo gli scongiuri - di prenotarsi.
Ma sono certe riflessioni conclusive dell’autore del libro che trovo stimolanti e che condivido: “Nella nostra società moderna, la morte e il morire sono sempre più esclusi, non si adattano a questa epoca radiosa e iper-perfezionista da sorriso smagliante e tutorial di ginnastica su YouTube, in cui ogni debolezza, ogni accenno di stanchezza è considerato un fallimento. Crediamo di essere im-mortali, mettiamo in mostra su Facebook e Instagram i nostri corpi perfetti e la nostra vita che spacciamo per eccezionale. Lì la morte e il morire sono soltanto motivo di imbarazzo, come un vecchio bavoso che parla da solo a una festa di famiglia.
Un tempo la morte era sempre attorno a noi, si moriva in casa; oggi invece avviene spesso all'ospedale o nelle case di riposo. Chi, tra le generazioni più giovani, ha accompagnato un nonno o una nonna alla morte, lo ha vegliato al capezzale, ha imparato ad accettare la morte come l'ultimo tratto della vita? In pubblico la morte appare ormai soltanto nei tanti thriller televisivi, dove però in cambio è più cruenta, o in spaventosi film splatter, e sì, anche in romanzi gialli come questo”. Sono considerazioni serie sulla morte e ci sono poi casi eccezionali, che così vengono evocati: “Soltanto di rado bussa alle nostre finestre, per esempio quando in tempi di una pandemia come quella del coronavirus, camion dell'esercito carichi di bare formano lunghe code fuori dagli ospedali. Allora torniamo a renderci conto che non siamo immortali. Quello di rimuovere la morte non è un fenomeno dei nostri tempi, e ha motivazioni perfettamente comprensibili. Per contenere il pericolo di epidemie, a partire dalla fine del diciottesimo secolo i cimiteri cittadini sono stati progressivamente trasferiti. A Vienna la cosa si verificò in due fasi.
Con il giuseppinismo sparirono in un primo tempo tutti i camposanti che si trovavano all'interno del Linienwall, il Gürtel della Vienna odierna. Anche se il commiato dal defunto si teneva ancora in chiesa, la sepoltura era una questione per lo più solitaria. La storia triste del funerale di Mozart, che viene inumato solo, abbandonato da tutti gli amici e mecenati, in una fossa comune al camposanto di Sankt Marx, pertanto, è vera solamente in parte: a quel tempo era del tutto consueto che le esequie avvenissero con una cerchia ristrettissima e al di fuori della città”.
Anche da noi in Valle d’Aosta, per regole sanitarie, sono ormai diventati monumentali certi cimiteri di montagna, che un tempo erano addossati alle chiese e ce ne sono alcuni che sono davvero dei patrimoni culturali, addossati com’erano alla vita quotidiana in un’epoca in cui la morte si aggirava con naturalezza, pensando alla sua incidenza sulla popolazione”.
Ma il libro - perché a questo servono, che siano saggi corposi o letture romanzesche, sono per non dire delle poesie - contiene un ultimo pensiero, legato al fatto che nel libro irrompono nuove tecniche di una nuova scienza, la criminalistica, di cui oggi consociamo l’onda lunga con storie di delitti scavate in profondità da trasmissioni televisive che sono pieni di esperti che spesso si atteggiano a Corti di Assise, ben prima che ci sia stato un’udienza di un processo di primo grado.
Ma l’osservazione di Pötzsch riguarda del passaggio fra Ottocento e Novecento in cui irruppero, già per i miei nonni, novità tecnologiche impressionati, anche se forse minori di quanto sia capitato a noi nipoti: “Questo libro è un romanzo sul cimitero centrale di Vienna, su presunti morti viventi e vampiri, ma è soprattutto un giallo su un'epoca in cui ebbero inizio tante cose che ci segnano ancora oggi, soprattutto nel campo della tecnologia: telefoni, elettricità, automobili, fotografia, cinema... Allora tutto questo si sviluppò in un susseguirsi talmente rapido che per molti fu eccessivo. In questo senso, quell'epoca attorno al 1900 ricorda un po' i nostri tempi odierni, in cui l'evoluzione viene a sua volta considerata da molti troppo veloce e confusa. Come devono essersi sentiti gli uomini di allora? Un attimo prima si viaggiava pian piano in carrozza o anche con la locomotiva a vapore in mezzo alla brughiera, e soltanto pochi anni dopo si sfrecciava al cinema a bordo di automobili scoppiettanti, con l'illuminazione elettrica, accompagnati dal suono metallico dei grammofoni e dal trillo dei telefoni; era tutto un lampeggiare, rombare, fischiare, scampanellare, scoppiettare... Uno come me, che deve farsi installare il computer nuovo dalla moglie e sintonizzare i canali televisivi dai figli (ormai abbiamo tre telecomandi: ma perché?), allora si sarebbe sicuramente sentito terribilmente travolto. Nel giro di pochi anni ebbe fine un'epoca e ne iniziò una nuova”.
Interessante come addirittura siamo nel vivo di accelerazioni che colpiscono anche la cosiddetta “fine vita” con le norme che regoleranno - purtroppo in Italia non ancora - la nostra scelta di morire senza tener conto del decorso naturale in caso di malattia grave o senescenza dolorosa. In più sono tanti coloro che al cimitero non ci vogliono finire e preferiscono la dispersione delle loro ceneri (e dunque niente bara nella tomba) e addirittura cresce il numero di chi neppure vuole un funerale.
Intanto , in parallelo e seguendo il ragionamento citato poco sopra, siamo investiti da cambiamenti tecnologici - pensiamo al Web, all’Intelligenza Artificiale, alla Medicina predittiva - che ci rendono diversi dal passato e sempre di corsa per non perdere occasioni e punti di riferimento. Naturale che sia così.