Ho fatto il giornalista a tempo pieno per parecchi anni, anche se in realtà larga parte della mia vita è stata dedicata alla politica, ma con occhio - che forse qui dove mi state leggendo si capisce - all’informazione come elemento espressivo. Mi resta di certo la curiosità di guardare a come cambia il giornalismo, constatando che alcune cose restano uguali. Il caso più evidente sono questi giorni che ruotano attorno al Ferragosto.
Quando la ricerca delle notizie langue, solo elementi di casualità ravvivano le pagine dei giornali e i servizi dei telegiornali, oltre ai nuovi mezzi via Web che stanno pian piano rosicchiando lo spazio ai media più tradizionali.
Quest’anno, nei giorni di maggior carenza di notizie, c’è stato l’inaspettato e provvidenziale - per avere spunti su cui scrivere - vertice in Alaska di Trump e Putin e anche la scomparsa che mi addolora del gigante della televisione, Pippo Baudo.
In certe ore di ozio, in cui leggo tutto quel che mi capita sotto mano, faccio zapping sulla TV e smanetto su Internet, osservo il trattamento che quest’anno viene dedicato alla Montagna, che è come noto casa mia e di cui mi occupo da sempre in politica.
Sono tre i fenomeni, tutti negativi, con cui l’informazione si occupa delle montagne in questo ore.
Il primo - direi ricorrente - sono gli appelli alla sicurezza in montagna. Che i pericoli ci siano è pacifico, ma dimostrano poca fantasia i cronisti che ogni anno ripetono le stesse cose: come vestirsi, come informarsi, cosa evitare e via con il solito rosario.
A vedere i dati, muoiono in montagna in Italia fra le 450 e 500 persone e ne annegano fra le 350 e 400. Ma la montagna “assassina” - cretinata che si legge ancora - sembra il pericolo fatta persona e mai ho sentito lago, fiume o mare essere definiti “assassini”.
Atteggiamento new entry, mentre le spiagge sono colme e le città d’arte strabordano di folle, è anche l’overtourism in montagna, che sembra una nuova maledizione estiva. Così ci becchiamo il simpatico Presidente nazionale del CAI che filosofeggia sul tema, come se fosse il depositario di chissà quali verità.
Nessuno discute che ci siano punte eccessive in certe località, ma chi conosce la montagna italiana sa bene che basta poco - per chi lo voglia fare - per cercare luoghi appartati e solitari bellissimi anche in piena stagione. Ma questi sacerdoti e i moralisti delle vette non lo dicono nelle loro giaculatorie.
Infine: argomento sulla montagna, che riempie spazi, la storia dell’alpinista-guida Marco Confortola, che sostiene di aver salito tutti gli 8000 del mondo, suscitando dubbi e scetticismi sull’effettiva realtà da parte di illustri alpinisti, compreso il nostro Marco Camandona, che i 14 ottomila li ha saliti con documenti probanti delle imprese. Anche in questo caso, al di là della necessità di evitare falsi che sono ben presenti nella storia delle imprese alpinistiche, direi che la questione è stata gonfiata proprio per la carenza ferragostana di notizie.
Resta - come ulteriore notizia, questa volta positiva - il fatto che stia crescendo l’attenzione verso il turismo montano in estate. Era un grande classico del passato, entrato in crisi a favore del mare e dei viaggi nel mondo resi più facili. Ora o dati e le impressioni ridanno vigore al turismo estivo, specie sulle Alpi, ed è un bene che questo avvenga.
Mi viene in mente il grande scrittore della montagna, Mario Rigoni Stern e due sue frasi.
La prima: “La montagna d’estate è la mia vera casa: l’odore del fieno, il suono dei campanacci, il cielo terso che sembra non finire mai”.
La seconda: “La natura in montagna è maestra di sobrietà e di silenzio: insegna a distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo”.